martedì 31 dicembre 2013

Auguri!


sabato 28 dicembre 2013

A cosa servono gli organismi internazionali?

La guerra in Siria continua a mietere un numero impressionante di vittime innocenti.
Non passa giorno che questo coraggioso cinereporter non documenti con immagini strazianti il massacro che si compie non molto lontano da noi nell'indifferenza pressoché generale dei media
A farne le spese sono spesso i bambini. 
Il conflitto ha raggiunto picchi di crudeltà e di ferocia che, se da una parte non fanno onore all'uomo ed alla sua dignità, dall'altra gettano un gravissimo discredito sulle organizzazioni internazionali preposte, come l'ONU, al mantenimento della pace e della sicurezza nel mondo.
La domanda sorge spontanea: perché spendere tanti soldi nel tenere in vita organismi inutili e farraginosi che all'atto pratico non servono a niente?
Ho l'impressione che il nostro povero pianeta sia definitivamente ostaggio della follia e dell'ipocrisia.

domenica 1 dicembre 2013

Grandissimo don Tonino Bello!

"Delle nostre parole daremo conto al tribunale degli uomini ma dei nostri silenzi al tribunale di Dio".
 
 +Tonino Bello

sabato 16 novembre 2013

Servono i mistici?

Sviluppando un concetto di Aldous Huxley (*) mi soffermavo in un mio precedente post sulla funzione benefica e addirittura irrinunciabile dei mistici.
Essi sono simili ad antenne capaci di captare e di decodificare i segnali che provengono dalle profondità dell'universo.
Ma i mistici, alla stregua dei profeti, rimangono il più delle volte inascoltati e spesso addirittura derisi.
Un esempio?
Ecco come don Tonino Bello - molto prima dell'introduzione dell'euro come moneta unica  - prefigurava la grave crisi che stiamo vivendo oggi:
"Verrano tempi duri proprio nel momento in cui ci stiamo preparando a vivere l'esperienza nella casa comune della nuova Europa, che a me si presenta anche con tristi presagi perché ha più il sapore di una convivenza economica, di una cassa comune che di una casa comune".
Conclusione: ai mistici ed ai profeti bisognerebbe prestare molta più attenzione che agli altri, economisti compresi.  
Vivremmo meglio tutti. E più felici.

(*) Aldous Huxley in  "L'eminenza grigia"

lunedì 28 ottobre 2013

Grande Papa

Questa immagine non ha bisogno di commenti.
Il bambino, che - con fiduciosa impertinenza - si aggrappa al Pontefice come per riceverne protezione, è la cartina al tornasole della tenerezza e della semplicità di questo nonno eccezionale che è Papa Francesco
Egli è davvero un meraviglioso dono di Dio.
Che Dio Lo aiuti e Lo assista!

venerdì 18 ottobre 2013

Due storie. Due militari. Due comportamenti.

Friedrich Kurtz ed Erich Priebke.
Il secondo dei due è certamente più noto del primo. Ma entrambi erano ufficiali tedeschi ed entrambi, un giorno, ebbero nelle loro mani il destino di alcuni nostri connazionali catturati per rappresaglia
Il primo, a Trani, decise autonomamente di lasciare liberi 50 cittadini tranesi, evitando così una strage.
Il video della TV tedesca rievoca in modo efficace quei tragici fatti del 1943.
Il capitano Priebke, a Roma, dopo l'attentato di Via Rasella in cui persero la vita 33 reclute altoatesine, fece catturare - in esecuzione di un ordine di Kappler - 335 persone, partecipando il giorno successivo alla loro fucilazione presso le fosse Ardeatine.
Due comportamenti diversi in presenza di una situazione apparentemente simile.
Il tenente tedesco, che si trovava in periferia, aveva infatti il vantaggio di operare con una certa libertà e di decidere con una certa autonomia.
Il capitano Priebke, che operava invece nella Capitale, doveva per forza di cose sentirsi addosso il fiato di Kappler e di altri superiori gerachici.
Il primo era quindi libero di assumere decisioni senza grave ed immediato pericolo. Il secondo era invece obbligato ad eseguire gli ordini.
Per Priebke era assolutamente impossibile sottrarsi ai suoi doveri di militare.
L'unica colpa che mi sento di attribuirgli è l'aver errato il calcolo delle vittime, che dovevano essere 330 e non 335. Ma la concitazione di quelle ore può aver determinato l'errore.
Se il primo ufficiale, il tenente Friedrich Kurtz, si è meritato un'imperitura riconoscenza da parte della citta di Trani, il capitano Erich Priebke non può essere condannato ad una damnatio memoriae per l'eternità.
Di crudeltà immani ne avvengono tantissime anche oggi. E alcune addirittura sotto i nostri occhi!

P.S.: ritengo opportuno far notare che a Trani sia l'Arcivescovo sia il Podestà del tempo intervennero di persona recandosi fisicamente a trattare con l'ufficiale tedesco. L'Arcivescovo offrì addirittura la propria vita in cambio di quella dei 50 tranesi in attesa di esecuzione. 
Non mi risulta che a Roma si sia presentato qualcuno del Vaticano o del Vicariato per chiedere di trattare con le autorità tedesche.

martedì 8 ottobre 2013

L'impoverimento generale come traguardo finale

Adesso è tutto chiaro.
Il disegno parte dall'euro e dai suoi effetti disastrosi sulle tasche delle famiglie italiane.
All'indomani dell'entrata in vigore della moneta unica, nonostante tutte le chiacchiere dette e scritte, nessun governo (quello di Berlusconi in testa) ha mai inteso mettere in atto una concreta vigilanza sui prezzi basata sull'effettivo rapporto euro/lire e non ci fu mai la tanto sbandierata guerra (a parole) contro l'aumento dei prezzi praticato quasi immediatamente dai commercianti.
Queste volute omissioni (anche del successivo governo Prodi) hanno fatto sì che il costo della vita schizzasse così in alto che, in buona sostanza, ciò che costava mille lire ci costò quasi subito duemila, cioè un euro ed anche più.
La grossa perdita del potere di acquisto subita negli anni dagli italiani è a tutti evidente. 
In soldoni questo potere - nel migliore dei casi - risulta oggi più che dimezzato
Con centomila lire una famiglia riusciva a portare a casa un carrello pieno di ogni ben di Dio dal supermercato. 
Oggi per fare la stessa spesa non bastano 150-200 euro. 
Uno stipendio di 1.500 euro di oggi non  è affatto paragonabile ad uno stipendio di 3.000.000 lire di allora.
Prima del 2000, con 3.000.000,  uno era quasi ricco. Oggi una famiglia di quattro persone, con 1.500 euro al mese e con un mutuo da pagare, è molto vicina alla soglia di povertà.
Dopo aver impoverito - come si vede - le classi più deboli, adesso chi ci governa passa al traguardo successivo: impoverire le classi medie.
Continuare infatti ad escludere gli stipendi o le pensioni superiori a 3.000 euro dall'adeguamento al costo della vita, che comunque cresce inesorabilmente anno dopo anno, porterà nel breve periodo ad abbattere drasticamente il potere di acquisto anche di queste retribuzioni.
L'importante - per i signori del palazzo - è che il blocco delle pensioni e degli stipendi non venga applicato ai magistrati ed ai loro equiparati, politici compresi.
Viva l'Italia! Viva la politica italiana!

sabato 5 ottobre 2013

Papa Francesco e certi siti cattolici

Non faccio misteri sulla mia simpatia per questo Papa.

La foto che - da cardinale - lo ritraeva come un normalissimo passeggero su un vagone della metropolitana di Buenos Aires me lo rese simpatico da subito.
I gesti semplici che sin dall'inizio hanno segnato il Suo Pontificato mi hanno confermato finora  nell'idea che Papa Bergoglio è un autentico dono del Cielo.
È il Papa che la gente semplice e senza grilli per la testa aspettava da tempo.
Se -  come generalmente si  ritiene nel mondo cattolico - è lo Spirito che soffia ed agisce sulle vicende umane e se anche l'elezione del Papa ne è una diretta e privilegiata conseguenza, allora non si riescono a capire certe prese di posizione, espresse a volte con vera acrimonia, da taluni rappresentanti di un mondo cattolico tradizionalista.

Eccone, ad esempio, due tratte da un blog  - per altri versi pregevole - che non cito:

- "Suggerisco la lettura delle lucidissime considerazioni del Prof. Xx Xxxxx che sottoscrivo parola per parola, in particolare il finale:
"[vi è in Francesco]una certa inclinazione autoritaria (“io farò di tutto per …”), in singolare contrasto con i frequenti assunti pluralistici, ma tipica dei “rivoluzionari” democratici, col rischio di imprudenti collisioni con la tradizione millenaria.
In più, resta incongruo in papa Francesco questo prendere iniziative di comunicazione pubblica e questo volersi senza filtri (la sintomatica immagine dell’appartamento papale come un imbuto), che rivelano indisponibilità a sentirsi uomo di governo (cosa più difficile che essere riformatore) in un’istituzione altissima e “sui generis” come la Chiesa cattolica. Le battute del papa su curia e Vaticano lo evidenziano.
Il suo è, a tratti, un comportamento da manager moderno e informale, di quelli che si concedono molto alla stampa. Ma questo aggrapparsi a persone e cose che stanno fuori – collaboratori, amici, stampa, opinione pubblica, lo stesso appartamento a Santa Marta è “fuori” – come se l’uomo Bergoglio temesse di non sapere che fare una volta rimasto solo, da papa, nell’appartamento dei papi, non è positivo. E non potrà durare. Anche i media si stancheranno di fare da sponda a un papa che ha troppo bisogno di loro."

- Ed ancora: 
"Gentile Xxxxxxxxxx,
Spero che finalmente Lei pubblicherà questa mia. Ognuno può far quel che vuole, ma almeno rispondere alle mail dovrebbe essere doveroso.
Lei sbaglia, secondo me: ma non per i motivi che uno, in una temperie "culturale" come questa, sarebbe portato a supporre.
La Chiesa (se di Chiesa si tratta) è in contraddizione con se stessa da circa 50 anni. Dire che Bergoglio sbaglia a canonizzare GPII perchè ne contraddice il magistero significa non aver colto --ma lei, secondo me, l'ha colto, e meglio di molti altri-- il carattere del ciarlatano della pampa: l'assenza di qualsiasi elemento di rigore teoretico in tutto quel che egli fa. Ecco perchè piace alle masse.
A Bergoglio non frega nulla del magistero.
Inoltre, tutte le buffonate di questo papa --sempre che lo sia: e lui stesso pare non voglia esserlo--non ci devono, per contrasto, far rivalutare la figura di GPII, che, pace all'anima sua, ha introdotto o rafforzato nella Chiesa elementi spuri e anticattolici: un culto sciatto, quando non blasfemo, l'incarnazionismo, il personalismo, etc.: tutte cose che lei sa meglio di me.
Grazie dell'attenzione e dello spazio.
Cordiali saluti,
Xxxxx"

Parlare disinvoltamente del Papa come di un ciarlatano della pampa mi sembra irriguardoso oltre che ingiusto. 
Chi sono questi signori per mettere sulla graticola un Pontefice? 
Non si muove foglia che Dio non voglia e il cammino dello Spirito non sempre incrocia le aspettative umane. 
Personalmente sono molto felice che Papa Francesco riesca oggi a scuotere le coscienze assopite, a dar voce alla stragrande maggioranza del popolo di Dio che, negli anni appena trascorsi del fulgore, del personalismo (mi verrebbe da dire del culto della personalità) e della grandeur semimondana di GPII, aveva invece visto offuscarsi e di molto i valori autentici di un Vangelo quasi completamente dimenticato.
Questo Papa, un giorno sì e l'altro pure, non fa altro che richiamare con energia - e con grande efficacia comunicativa - i negletti ed imperiosi doveri di un cristiano verso i poveri e verso chi si dibatte tra le mille difficoltà di un mondo che segue da troppo tempo più Mammona che Dio.
Niente di più, niente di meno.
Lunga vita all'intrepido Papa Bergoglio!

martedì 1 ottobre 2013

Una facile profezia

Era il 1994 quando Indro Montanelli,  intervistato da Curzio Maltese, dichiarava:

“L’unico modo per liberarci di Berlusconi è lasciarlo governare. Tutto finirà male, malissimo, nella vergogna e nella corruzione. E sarà stato inutile avere ragione. Un giorno il giornale ti chiederà di scrivere un articolo sulla fine di Berlusconi e non ne avrai più voglia…”.

La profezia di Montanelli, che conosceva molto bene Berlusconi, si è purtroppo avverata.
Sarebbe bastato - all'epoca - evitare che il Cavaliere(?!) governasse. 
Invece gli è stato dato troppo spazio per troppo tempo.
La vergogna ha finito per coinvolgere l'intera Nazione e, nel ventennio che sta per concludersi, la corruzione si è estesa a macchia d'olio con la  progressione di un tumore maligno.

lunedì 30 settembre 2013

La grande impostura

Dell'intero corpo elettorale appena un sesto ha scelto Berlusconi e il PDL.
Si tratta, a conti fatti, di una vera e propria minoranza, come ben sostiene Michele Serra.
Con tutto il rispetto dovuto alle minoranze, a me pare che questo signore (Berlusconi dico) debba finalmente prendere atto che non è più (se mai lo è stato!) il salvatore della Patria, che il suo deprecabile ventennio è giunto ormai all'inevitabile fase finale, che la stragrande maggioranza degli italiani ha da tempo sgamato i trucchi da imbonitore con i quali egli ha reso possibile il colossale arricchimento delle proprie aziende e il progressivo depauperamento dell'Azienda Italia.
Con buona pace degli interessati lacché della corte dei miracoli di Arcore, è giunto il momento di porre la parola fine ad un lungo, infelice capitolo culturale ed economico della nostra sventurata Nazione. 
E di far cessare le indegne chiassate di un partito-non partito al soldo ed al servizio di un capo-padrone.
Il presidente della Repubblica, che dovrebbe interpretare l'unità ed il comune sentire nazionale, non diventi unicamente il mero contabile di ingannevoli risultati elettorali. 
Per far questo non occorrerebbe che un semplice ragionere.

domenica 22 settembre 2013

Avanti con le tasse

Ieri l'avviso di pagamento entro ottobre della Tares da parte del Comune. Tre giorni fa l'avviso di un altro pagamento dall'Agenzia delle Entrate. A breve l'aumento dell'IVA. A dicembre l'IMU. Le accise anacronistiche ma permanenti sui carburanti.
Non passa giorno che le nostre tasche non vengano alleggerite in mille modi da uno Stato che non è ingeneroso considerare un vero e proprio predone.
La tassazione in Italia si attesta ben oltre quel tanto sbandierato 45-50% del reddito. Il salasso è continuo e impietoso. I suicidi di  imprenditori, artigiani e commercianti parlano un linguaggio tragico e chiaro.
I politici, che dovrebbero avere il polso della situazione, sembrano invece abitare su un altro pianeta. 
Questi poco onorevoli signori sono lontani anni luce dalle difficoltà di tanti nostri concittadini e blaterano da anni le stesse idiozie mandate a memoria come dei mantra.
Eppure sarebbe bastato e basta veramente poco per risolvere la grave situazione economica del nostro Paese. 
La ricetta era ed è a portata di mano: pagare poco per far pagare tutti.
La riduzione drastica delle tasse con la conseguente liberazione dai ceppi di un fisco cinico e voracissimo è l'unica strada che può aiutare i cittadini e lo stesso Stato ad uscire definitivamente dalla situazione piratesca nella quale ci dibattiamo da anni.
Anche l'evasione - che non può sparire del tutto -  rientrerebbe di colpo in limiti fisiologici ed accettabili.

sabato 14 settembre 2013

Napoleon alias Berluscon


Berluscon sei solo e nessun t'ode...Ode...
Chi m'ascolta mentre nessuno è meco?...Eco...
Eco! Ebben Berluscon ti parla...Parla...
Or dimmi il mio destin è dubbio o certo?...Certo...
E il regno riavrà chi Italia dominò?...No...
Dunque per sempre rimarrò così?....Sì...
Putin e Pietroburgo or che mi danno?...Danno...
E l'Italia che fa? Piange o ride?....Ride...
Ride l'Italia che cotanto amai?...Mai....
Eppur l'Italia avrà di me bisogno?...Sogno...
Il tempo fugge e Berluscon cancella?...Cella...
Deh! cessa eco ormai i tuoi clamori...Mori...

venerdì 13 settembre 2013

Ridiamoci su...


Alla Luna

O graziosa luna, io Ti rammento
Che, per vent’anni, sovra questo colle
Sei venuta ogni sera a rimirarmi:
E Tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso adesso e sanza speme
I’ veggo il guardo Tuo assai distante
E il viso Tuo m’appar così stravolto
Per le sventure mie e della gente.
0 mia diletta luna a me non giova
La ricordanza delle liete estati
Quando con Apicella le canzoni
Strimpellavo sui prati de la villa
Che Certosa appellar causticamente
Vollero i Sardi amanti della quiete
La qual col bunga bunga poco dura
!
Leopardo Smacchiato 2

giovedì 12 settembre 2013

Abbiamo un grande Papa!

Papa Francesco ha mostrato di non gradire la trasformazione degli edifici religiosi in strutture alberghiere e ricettive. Quegli immobili non possono essere assoggettati alla logica imperante del lucro e del profitto. Essi sono nella disponibilità dei poveri ed appartengono di diritto alla carne viva e sofferente di Cristo.
Anche io ho sempre pensato che i conventi vuoti traformati in alberghi fossero in realtà una specie di bestemmia, un tradimento del Vangelo, un moderno tributo a Mammona.
Speriamo bene!

mercoledì 28 agosto 2013

Un gigante della Fede e un Maestro dell'introspezione psicologica

Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me ed io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature, che, se non fossero in te, neppure esisterebbero. Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me il tuo profumo ed io l'ho respirato, e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace.

Dalle «Confessioni» di sant'Agostino, vescovo

martedì 27 agosto 2013

Niente di nuovo sotto il sole

Cambiano gli attori, cambiano i luoghi  ma il copione è lo stesso. Oggi è il turno della Siria. Gli esportatori di democrazia e i loro alleati aggiungeranno vittime a vittime in quella sfortunata Nazione.

sabato 20 luglio 2013

Le ipocrisie delle parole

Mi è capitato sotto gli occhi questo manifesto del PD.
Ma quale sarebbe l'Italia giusta secondo questi signori che oggi sono al governo e che non sono capaci di far nulla per la giustizia sociale e per la crescita del nostro infelice Paese?
La giustizia avrebbe imposto, ad esempio, la rinuncia agli F35, l'immediato e drastico ridimensionamento delle maxi prebende dei mega-dirigenti pubblici, la riduzione del numero e degli emolumenti di parlamentari e politici, una massiccia iniezione di aiuti statali per combattere la disoccupazione giovanile e iniziative serie per incentivare concretamente il lavoro e le imprese.
Niente di tutto questo è stato fatto né - sono certo - si farà.
Quel manifesto - al pari delle pubblicità ingannevoli - è solo carta straccia.
Un po' più di pudore nell'uso delle parole non guasterebbe.

domenica 30 giugno 2013

IO IO IO IO IO.....


Tra le forme più odiose di culto annovero l'egolatria che è la smodata considerazione di se stessi e delle proprie qualità.
L'uomo - chi non lo sa? - è un essere imperfetto. 
La sua grandezza dovrebbe consistere appunto nel riconoscere i propri limiti e le proprie incapacità.
Tutti dovremmo essere ben consapevoli delle nostre limitazioni, delle nostre imperfezioni, delle nostre debolezze. 
Tutti dovremmo essere convinti che nessuno è indispensabile a questo mondo e che l'umanità nel suo complesso può andare avanti anche senza di noi.
Ma esistono personaggi, non solo della politica, che credono di essere insostituibili, che pensano di essere immortali, che ritengono se stessi al di sopra di tutto e di tutti. 
Personaggi odiosi e arroganti che fanno quotidianamente a pugni con la modestia, con l'umiltà, con la misura, con il buon gusto e con il buon senso.
Peccato per loro che - nel breve volgere di qualche anno - nessuno più si ricorderà di loro e delle loro manie di grandezza.

sabato 1 giugno 2013

Pensieri a zonzo

Ho indossato per anni la tuta con i colori mimetici. 
La mimetizzazione è un fenomeno molto conosciuto in natura. Alcune specie di animali devono ad essa la propria sopravvivenza. 
Anche il combattente, se vuole salvare la propria pelle, deve fare ricorso alla mimetizzazione, deve confondersi con l'ambiente circostante, deve insomma indossare gli stessi colori del terreno in cui opera.
A ben pensare, la tecnica della mimetizzazione è la tecnica più antica e più raffinata dell'uomo.
La sopravvivenza della nostra specie è affidata a questa sperimentata capacità di uniformarsi al pensiero dominante, di adattarsi agli usi e costumi di una società, di seguire insomma il corso degli eventi e delle opinioni senza mettersi di traverso. 
Il comportamento mimetico delle masse ha consentito agli uomini di vivere e di sopravvivere ma li ha quasi sempre privati della libertà di esprimere le proprie idee e di seguire le proprie inclinazioni.
Soltanto in pochi hanno scelto la strada di essere se stessi ma - in tutte le epoche - la società li ha espulsi con feroce crudeltà dal proprio seno, eliminandoli spesso anche fisicamente. 
La lunga serie dei capri espiatori ne è la dimostrazione più evidente. E lo è pure la lunga teoria degli eroi e dei martiri.
Anche per questi il mimetismo avrebbe potuto rappresentare la salvezza e la sopravvivenza. Soltanto se lo avessero voluto.
Ma nemmeno il più grande dei Capri Espiatori e il più illustre dei Martiri volle mimetizzarsi!

mercoledì 29 maggio 2013

Omaggio a don Gallo, testimone del Vangelo

Sono convinto che Dio ci giudicherà sulla base di quel poco o molto che avremo saputo dare e fare per gli altri. 
La credibilità di una persona ma soprattutto quella di un cristiano risiede essenzialmente in questo.

lunedì 27 maggio 2013

Il servizio militare di una volta

Una vecchia foto in bianco e nero, incrociata per caso su Facebook, mi riporta agli anni giovanili e mi induce a qualche riflessione sul tema del servizio militare di una volta.
L'antico proverbio "chi non è buono per il re non è buono nemmeno per la regina" dava esattamente conto dell'importanza - per un giovane - di risultare all'epoca "abile arruolato".
In effetti la tradizionale visita medica, che durava tre giorni ed alla quale venivano sottoposte a tappeto intere classi di giovani, era un formidabile screening sanitario di cui solo adesso si avverte la mancanza. 
Quante malattie, quante disfunzioni venivano diagnosticate in tempo utile! 
Quanti problemi, quanti squilibri venivano intercettati prima che il trascorrere degli anni li rendesse pericolosamente irreversibili! 
La così tanto decantata prevenzione di oggi non è nulla in confronto ai risultati concreti di quei tre giorni di selezione psico-attitudinale.
Ma la cosa più formativa era il servizio militare in sé. 
Il periodo della cosiddetta "naia", pur con i suoi innegabili aspetti negativi, era un'occasione unica per il giovane di allora. 
A prezzo del sacrificio di alcuni mesi di libertà, egli aveva la possibilità di confrontarsi - spesso per la prima volta - con il variegato mondo esterno, di conoscere altre realtà, altre città, altre mentalità, altri giovani. 
Inserito in reparti ben organizzati, dove la disciplina costituiva l'ambiente naturale, egli aveva la possibilità di plasmare meglio il proprio carattere, di rafforzare pienamente la volontà, di superare con disinvoltura le difficoltà alle quali prima o poi la vita ci mette tutti di fronte.
Il servizio militare era insomma un'ottima scuola di vita ed anche una palestra di generosità, di gratuità e di abnegazione.
L'impegno, i sacrifici, le fatiche, il sudore quotidiano erano infatti ripagati soltanto simbolicamente da una "decade" che si aggirava sulle misere 100 lire giornaliere o poco più.
I tempi dei militari professionisti erano per fortuna ancora lontani e la corsa mercenaria al vile denaro quasi del tutto sconosciuta nelle nostre caserme. A tutti i livelli: dal Generale all'ultimo militare. 
Tuttavia il merito più importante del servizio di leva obbligatorio gli derivava dal fatto di costituire un collante prezioso per l'intera Nazione. 
Da quando si decise per la sua "regionalizzazione", da quando lo si è formamente sospeso e sostanzialmente abolito, l'Italia non è più la stessa. 
La Lega non avrebbe avuto la sciagurata fortuna che ha avuto se i giovani del Sud avessero continuato a fare i soldati al Nord e quelli del Nord al Sud. 
L'unità di una Nazione veniva preservata anche in questo modo.

lunedì 13 maggio 2013

Dai miei vecchi appunti

Carcinoma e Dio. Guerra e Dio. Morte e Dio.
Mi sembrano  binomi perfetti per un Dio del Male. 
Proviamo allora con altri binomi. 
Dio e un bambino che sorride. Dio e una giornata piena di sole. Dio e una bella donna. Dio e un campo di fiori. Dio e la generosità. Dio e la tolleranza. Dio e la pace. Dio e la semplicità del cuore. Dio e l'alba. Dio e il tramonto. Dio e le montagne. Dio e i ruscelli limpidi e freschi. Dio e la salute del corpo e della mente. Dio e la felicità. E potremmo continuare...
Alla fine però dovremo sempre fare i conti anche col carcinoma, con le guerre e con la morte.
Come  spiegare la sofferenza dell'uomo e del creato? Dio è un sadico? E' uno che si diverte a fare brutti scherzi alle sue stesse creature dopo averle chiamate alla vita senza esserne richiesto? 
L'universo, insomma, è frutto della volontà di un Creatore cinico o di un caso cieco e crudele? 
La domanda rimane senza risposta. O forse qualcuna c'è ma non mi convince ancora del tutto.

martedì 23 aprile 2013

Altro che Renzi!


Quando Cristo mi giudicherà, io so di certo che Egli mi farà questa domanda: come hai moltiplicato, a favore dei tuoi fratelli, i talenti privati e pubblici che ti ho affidato? Cosa hai fatto per sradicare dalla società la miseria dei tuoi fratelli e, quindi, la disoccupazione che ne è la causa fondamentale? 
Né potrò addurre, a scusa della mia inazione o della mia inefficace azione, le ragioni “scientifiche” del sistema economico. Abbiamo una missione trasformante da compiere: dobbiamo mutare - quanto è possibile - le strutture di questo mondo per renderle al massimo adeguate alla vocazione di Dio. 
Siamo dei laici: padri di famiglia, insegnanti, operai, impiegati, industriali, artisti, commercianti, militari, uomini politici, agricoltori e così via; il nostro stato di vita ci fa non solo spettatori, ma necessariamente attori dei più vasti drammi umani. Si resta davvero stupiti quando, per la prima volta, si rivela alla nostra anima l’immenso campo di lavoro che Dio ci mette davanti. 
Il nostro piano di santificazione è sconvolto: noi credevamo che bastassero le mura silenziose dell’orazione! Credevamo che chiusi nella fortezza interiore della preghiera, noi potevamo sottrarci ai problemi sconvolgitori del mondo; e invece nossignore… 
L’elemosina non è tutto: è appena l’introduzione al nostro dovere di uomini e di cristiani; le opere anche organizzate della carità non sono ancora tutto; il pieno adempimento del nostro dovere avviene solo quando noi avremo collaborato, direttamente o indirettamente, a dare alla società una struttura giuridica, economica e politica adeguata al comandamento principale della carità. 
Abbiamo veramente compreso che la perfezione individuale non disimpegna da quella collettiva? Che la vocazione cristiana è un carico che comanda di spendersi, senza risparmio, per gli altri? 
Problemi umani, problemi cristiani; niente esonero per nessuno.

Giorgio La Pira

Questo brano del grande Sindaco di Firenze dà la misura dello spessore morale degli uomini politici di una volta. Ora dobbiamo accontentarci di arrivisti/e, di ambiziosi/e, di opportunisti/e e di esibizionisti/e.

sabato 20 aprile 2013

Al Quirinale vedrei volentieri Muti


Un celebre autore, da me incrociato molti anni fa,  ha dedicato alcune pagine di una sua fortunata opera alla figura del direttore d'orchestra. Si tratta di Elias Canetti, premio Nobel per la letteratura nel 1981, bulgaro di lingua tedesca naturalizzato britannico, figlio di ebrei con remote origini spagnole e italiane. Dice Canetti in “Massa e potere”: 

«Non c'è alcuna espressione del potere più evidente dell'attività del direttore d'orchestra. Ogni particolare del suo comportamento in pubblico è significativo; qualunque cosa egli faccia, getta luce sulla natura del potere […]. Il direttore d'orchestra sta in piedi. La posizione eretta dell'uomo è ancora importante, quale antica memoria, in molte rappresentazioni del potere. Il direttore sta in piedi da solo. Intorno a lui siede l'orchestra, dietro di lui siedono gli ascoltatori: egli sta in piedi in luogo elevato ed è visibile davanti e dietro».

«È la visibilità che conferisce potere al direttore d'orchestra. Solo, in piedi, in un luogo visibile a tutti (orchestra e pubblico) il direttore impartisce veri e propri comandi con mano e bacchetta e decide quale voce zittire e quale esaltare ».

«Il lavoro che il direttore compie, in ogni caso di natura complessa, esige da lui estrema attenzione. Presenza di spirito e rapidità stanno tra le sue qualità cardinali. Egli deve piombare fulmineo su chi infrange la legge. Le leggi gli vengono date in mano, in forma di partitura. Anche gli altri ce le hanno e possono controllarne l'esecuzione; egli solo però decide».

«La differenza degli strumenti corrisponde alla differenza degli uomini. L'orchestra equivale a un'assemblea di tutti i principali tipi. Pronti a ubbidire, permettono al direttore di trasformarli in un'unità che egli farà poi divenire visibile dinanzi a loro stessi».

« Vivente raccolta di leggi, il direttore signoreggia sull'uno e sull'altro lato del mondo morale. Con il comando della sua mano indica ciò che accade e vieta ciò che non deve accadere. Il suo orecchio fruga l'aria alla ricerca del proibito. Per l'orchesta il direttore rappresenta effettivamente l'intera composizione nella sua simultaneità e nella sua sequenza;  poiché durante l'esecuzione il mondo non deve consistere d'altro che della composizione, il direttore è, finché essa dura, il sovrano del mondo».

Ecco perché il Maestro Muti se la caverebbe egregiamente anche sul Colle!

mercoledì 17 aprile 2013

La Gabanelli al Quirinale non mi dispiacerebbe...


Un cattivo politico nominerà un pessimo dirigente della pubblica amministrazione, che a sua volta si contornerà di pessimi collaboratori e questo è un terribile effetto a cascata. 

Milena Gabanelli

sabato 13 aprile 2013

Cena da mille euro a persona

Lupo travestito da agnello
 
La cena organizzata ieri sera a Bari per Berlusconi, Lupi & Co. è stata un'offesa al buon gusto, una totale mancanza di rispetto per chi sta precipitando nella povertà, una provocazione bella e buona per chi non ha più i mezzi economici per affrontare i problemi del vivere quotidiano.
Un modo cinico e insolente di fare politica rimanendo lontani dai bisogni e dalle necessità della gente comune.

venerdì 29 marzo 2013

Ammiragli, generali e ministri

Credo di conoscere  bene l'ambiente militare. 
Ho indossato l'uniforme per lunghissimi anni e parlo con qualche cognizione di causa. 
Nel mondo delle stellette ci sono (e le ho conosciute) tantissime brave persone ma esiste anche una casta arrogante, supponente, preoccupata quasi unicamente delle proprie carriere, distante dai reali problemi delle Forze Armate, lontana anni luce dalle aspettative della base. 
È una casta rinchiusa nella torre d'avorio dei privilegi, delle corporazioni, delle cordate ed è generalmente composta da yes-man disposti a sacrificare tutto, anche la propria testa,  pur di compiacere il potere. 
Ed è così che i vertici militari, abituati a sviluppare una visione acritica del mondo per non urtare l'opinione dominante, sono quasi sempre incapaci di un qualsiasi pensiero originale o di un qualsiasi comportamento autonomo.
Di Paola non fa eccezione alla regola. 
Lui, che in servizio non avrebbe probabilmente degnato nemmeno di uno sguardo un inferiore in grado, si è lasciato scappare pubbliche lacrime per ingraziarsi un'opinione pubblica inferocita.
L'unica cosa sensata che avrebbe dovuto fare sarebbe stato dimettersi. Terzi lo ha fatto con assoluta indipendenza e con grande dignità.
Ma un militare, pur diventato ministro, non ha avuto né la forza né il coraggio di farlo.

giovedì 28 marzo 2013

Grande Renan

Oggi, venerdì santo, mi piace riproporre questo stupendo brano di Renan tratto dalla sua incantevole "Vita di Gesù". 
E' sorprendente come uno studioso rigoroso come lui, che l'esame filologico dei testi aveva allontanato definitivamente dalla fede nella resurrezione e nella divinità di Gesù, abbia sentito la necessità di rivolgersi al Crocifisso con una vibrante, appassionata invocazione che ha il sapore e il respiro di una vera e propria preghiera.
Eccola:
Riposa nella Tua gloria, o nobile iniziatore!
La Tua opera è compiuta, fondata la Tua divinità.
Non temere più di veder crollare per qualche errore l'edificio che hai eretto; d'ora in poi, immune da fragilità, Tu assisterai dall'alto della Tua pace divina alle conseguenze infinite dei Tuoi atti.
A prezzo di alcune ore di angoscia, che non seppero nemmeno offendere la Tua grande anima, Tu hai conquistato la più completa immortalità.
Per migliaia d'anni il mondo obbedirà a Te, bandiera delle nostre contraddizioni, sarai il segno intorno a Cui si combatterà la più fiera battaglia.
Mille volte più vivo, mille volte più amato dopo la Tua morte che nei giorni del Tuo passaggio in terra, diverrai la pietra angolare dell'umanità.
Strappare il Tuo nome dal mondo sarebbe lo stesso che scuoterlo dalle sue fondamenta.
Fra Te e Dio non ci saranno più distinzioni.
Tu che hai compiutamente sconfitto la morte, prendi possesso del Tuo regno, ove Ti seguiranno per la spaziosa via da Te aperta secoli di adoratori.

martedì 26 marzo 2013

Bar-Abba

 La scelta tra Cristo e Barabba - Rossano - Museo Diocesano di arte sacra

La scelta tra Gesù e Barabba va a preferire - secondo la narrazione degli evangelisti - non il Giusto ma un bieco malfattore, non il "figlio del Padre" ma un volgare bandito. Pilato spera che il popolo decida a favore di Chi aveva attraversato le contrade della Palestina "facendo del bene" e operando miracoli. 
Ma le cose - si sa - andarono contro le aspettative del procuratore romano. E anche contro ogni verosimiglianza. La decisione della folla tumultuante di lasciare libero Barabba e non Gesù è infatti un artifizio narrativo efficace ma ingenuo che corrrisponde unicamente alle esigenze di drammatizzazione del racconto e non a quelle della fedeltà storica. Se le cose fossero andate veramente come sostengono gli evangelisti, come conciliare questa scelta con le accoglienze trionfali che la stessa folla festante, appena qualche giorno prima, aveva entusiasticamente riservato al giovane Rabbi di Galilea che entrava a Gerusalemme? E come giustificare il lamento della "gran moltitudine di popolo e di donne che si battevano il petto e piangevano per Lui" lungo la via del Golgota se poco prima la stessa folla, inferocita e crudele nel pretorio romano, ne aveva chiesto a gran voce la condanna? Sono evidenti contraddizioni interne al racconto. Per superarle c'è chi sostiene ragionevolmente che Bar-Abba e Gesù dovessero essere in origine la stessa persona e che i nomi di Gesù e di Barabba abbiano poi finito per identificare due persone separate e distinte per effetto di successive, distorte tradizioni dovute essenzialmente alla confusione dei nomi. Si sa infatti che nel testo greco il prigioniero famoso ha il nome completo di Gesù Barabba. Ma Bar-Abba non è un nome proprio. E' solo una denominazione che significa "figlio del Padre", appellativo che - nemmeno a dirlo - calza a pennello solo per Gesù, figlio di Dio.
In definitiva Barabba non sarebbe altri che lo stesso Gesù. 
E allora tutto verrebbe ad accordarsi perfettamente!

lunedì 25 marzo 2013

Passio Domini Nostri...

I Vangeli sono essenzialmente il racconto della passione e morte di Gesù e del relativo processo durante il quale venne decisa la condanna. Secoli di letture acritiche, di riflessioni teologiche e di arte hanno finito per rivestire quel testo di patine ed incrostazioni tenaci che ancora oggi impediscono di vederlo per quello che è, vale a dire un racconto non privo di contraddizioni e inverosimiglianze. Si avverte in primo luogo lo sforzo dei redattori di scagionare il più possibile l'autorità romana e di addossare la responsabilità di quella morte ai giudei. Niente di più antistorico. La crocifissione era una condanna tipicamente romana che solo il procuratore di Roma poteva infliggere, non altri. Perché allora Pilato - che dagli storici dell'epoca è stato descritto sanguinario e feroce - viene fatto passare dagli evangelisti per un giudice umano e clemente, costretto a infliggere suo malgrado castighi cruenti ed esecuzione capitale a un ebreo innocente soltanto sotto la spinta fastidiosa di altri ebrei che glielo avrebbero portato nel pretorio per farlo condannare a tutti i costi? I suoi reiterati quanto improbabili tentativi di sottrarlo al patibolo si sarebbero fermati solo di fronte all'argomento decisivo messo in campo dagli stessi connazionali di Gesù, i quali - secondo gli evangelisti - volevano a tutti i costi il sacrificio di un profeta galileo che appena tre o quattro giorni prima era stato acclamato e accolto in città da una folla festante. Atteggiamento tra l'altro in assoluto contrasto con l'orgoglio e il patriottismo di un popolo fiero che avrebbe dovuto difendere con i denti e scagionare in tutti i modi un suo compatriota di fronte all'odiato invasore. Essi, gli ebrei, i sudditi più recalcitranti dell'impero sarebbero andati addirittura contro se stessi ed i propri interessi nazionali preferendo minacciare il procuratore di deferirlo a Roma qualora avesse mandato libero uno di loro! "Se non lo metti a morte non sei amico di Cesare". Perché questa evidente mistificazione storica? Semplice. Non era possibile né opportuno dire esattamente come si erano svolti i fatti per non urtare la suscettibilità dei romani ed inimicarsi così il potere imperiale proprio nella fase più delicata di penetrazione della "buona novella" nel mondo dei dominatori dell'epoca. Di fatto però la condanna di Gesù e la sua morte portano la firma inequivocabile di Roma. L'aquila romana lo accompagnò fino al Golgota e fu presente quando Egli esalò l'ultimo respiro. Ma tutto questo appare messo in ombra nel racconto degli evangelisti, i quali preferirono far cadere tutte le colpe sul sinedrio e sull'intera nazione ebraica. "Il suo sangue cada su di noi e sui nostri figli". La radice dell''antisemitismo nasce proprio da qui: da queste diplomatiche bugie dei "pii" redattori.
Per chi volesse approfondire segnalo questo interessante, documentatissimo libro di Widdig Fricke "Il caso Gesù" - Il più controverso processo della storia - Ed. Rusconi.

I due Papi

Questa immagine consegna alla Storia un momento eccezionale del quale la mia generazione ed io siamo stati testimoni increduli e commossi. L'abbraccio tra il Papa vecchio e il Papa più giovane dice tante cose ed altre ne fa intuire. 
In proposito ho trovato molto interessante questo bell'articolo di Vittorio Zucconi che propongo alla lettura dei miei due o tre pazienti lettori.

domenica 24 marzo 2013

Domenica delle Palme

Santa Maria di Pulsano

La cosiddetta domenica delle palme rievoca per unanime tradizione l'ingresso di Gesù a Gerusalemme prima della Pasqua. Ma - secondo alcuni autori - si sarebbe trattato di un ingresso nella città avvenuto con maggiore probabilità nell'autunno precedente e, precisamente, in occasione della festività ebraica delle Capanne (Sukkoth) che era festa di gioia, dei prodotti della terra, del vino e che - come la Pasqua e la festa delle settimane (Shavuoth) - obbligava i pii ebrei ad uno dei tre pellegrinaggi annuali a Gerusalemme.
Elemento importante di Sukkoth era il Lulav (palma), mazzo di rami formato da un ramo di palma, tre di mirto, due di salice e un cedro.
Anche secondo il mio modesto parere l'ingresso festoso a Gerusalemme, che i vangeli sinottici e la chiesa fanno cadere simbolicamente in stretta correlazione con la Pasqua, andrebbe in realtà anticipato di qualche mese, all'inizio dell'autunno precedente e cioè in coincidenza del pellegrinaggio nella città santa per la festa delle Capanne: questa e non la Pasqua era infatti caratterizzata da un singolare rito - prescritto dal Levitico - secondo cui le palme dovevano essere prese nella mano destra ed agitate per tre volte verso i quattro punti cardinali, verso l'alto e verso il basso.

sabato 23 marzo 2013

Due paroline sui marò


Due cose dovrebbero esssere sacre per l'uomo: la vita e la parola data.
Nella vicenda dei due militari italiani mi sembra che non si sia avuto il minimo  rispetto né per l'una né per l'altra.
Ammazzare due pescatori indiani scambiati per pirati non è un atto di eroismo. Si tratta semplicemente di un duplice omicidio.
Per questo ho trovato sgradevoli, inopportune, fuori luogo le accoglienze trionfali - con tanto di suggello quirinalizio  -   riervate ai due "eroi" in occasione del loro primo rientro in Patria.
Non rispettare inoltre la parola data è un atto di levantinismo di bassa lega, è un bieco sotterfugio indegno di uomini di onore.
Per questo, mentre si levavano tantissimi cori di approvazione, non ho condiviso minimamente la scelta del Governo di trattenere in Italia Latorre e Girone al termine della seconda licenza "elettorale" o, meglio, elettoralistica.
Ma il vergognoso dietro-front dell'altro ieri appare addirittura inqualificabile e getta un immane discredito sull'intera Nazione.
Mi auguro che i cosiddetti "tecnici" del nostro fulgido Esecutivo tolgano il disturbo al più presto.

venerdì 22 marzo 2013

Un grande anticipatore


"Gesù si è astenuto dal giudicare in colpa i peccatori con i quali si è incontrato. All'adultera: "Nessuno, donna, ti ha condannato?" - "Nessuno, Signore!". "Neppure io ti condanno". Non è un gesto, una parola di benevolenza detta dal Signore. È proprio un'affermazione che dev'essere per noi schema, prototipo, paradigma. Non possiamo giudicare. Nei rapporti con la gente noi dovremmo essere capaci di dare spazi di futuro. Questo per me è fortissimo. Non ci fossimo altro che per questo, noi della giungla nera della Chiesa, dovremmo essere uomini di speranza, che fanno credito alle possibilità della persona".

don Tonino Bello - Da "La coscienza e il potere", Conversazione con Nicola Magrone, Guglielmo Minervini e Clara Zagaria - Edizioni La Meridiana

martedì 19 marzo 2013

Preghiera a Cristo

Sei ancora, ogni giorno, in mezzo a noi. E sarai con noi per sempre.
Vivi tra noi, accanto a noi, sulla terra ch'è tua e nostra, su questa terra che ti accolse, fanciullo, tra i fanciulli e, giustiziabile, tra i ladri; vivi coi vivi, sulla terra dei viventi che ti piacque e che ami, vivi d'una vita non umana sulla terra degli uomini, forse invisibile anche a quelli che ti cercano, forse sotto l'aspetto d'un Povero che compra il suo pane da sé e nessuno lo guarda.   
Ma ora è giunto il tempo che devi riapparire a tutti noi e dare un segno perentorio e irrecusabile a questa generazione. Tu vedi, Gesù, il nostro bisogno; tu vedi fino a che punto è grande il nostro bisogno; non puoi fare a meno di conoscere quanto è improrogabile la nostra necessità, come è dura e vera la nostra angustia, la nostra indigenza, la nostra disperanza; tu sai quanto sogniamo d'una tua intervenzione, quant'è necessario un tuo ritorno.
Sia pure un breve ritorno, una venuta improvvisa, subito seguita da un'improvvisa scomparsa; un'apparizione sola, un arrivare e un ripartire, una parola sola nel giungere, una parola sola nello sparire, un segno solo, un avviso unico, un balenamento nel cielo, un lume nella notte, un aprirsi del cielo, una risplendenza nella notte, un'ora sola della tua eternità, una parola sola per tutto il tuo silenzio.
Abbiamo bisogno di te, di te solo, e di nessun altro. Tu solamente, che ci ami, puoi sentire, per noi tutti che soffriamo, la pietà che ciascuno di noi sente per se stesso. Tu solo puoi sentire quanto è grande, immisurabilmente grande, il bisogno che c'è di te, in questo mondo, in questa ora del mondo. Nessun' altro, nessuno dei tanti che vivono, nessuno di quelli che dormono nella mota della gloria, può dare, a noi bisognosi, riversi nell'atroce penuria, nella miseria più tremenda di tutte, quella dell'anima, il bene che salva. Tutti hanno bisogno di te, anche quelli che non lo sanno, e quelli che non lo sanno assai più di quelli che sanno. L'affamato s'immagina di cercare il pane e ha fame di te; l'assetato crede di voler l'acqua e ha sete di te; il malato s'illude di agognare la salute e il suo male è l'assenza di te. Chi ricerca la bellezza nel mondo cerca, senza accorgersene, te che sei la bellezza intera e perfetta; chi persegue nei pensieri la verità, desidera, senza volere, te che sei l'unica verità degna d'esser saputa; e chi s'affanna dietro la pace cerca te, sola pace dove possono riposare i cuori più inquieti. Essi ti chiamano senza sapere che ti chiamano e il loro grido è inesprimibilmente più doloroso del nostro.
Noi non gridiamo verso di te per la vanità di poterti vedere come ti videro Galilei e Giudei, né per la gioia di guardare una volta i tuoi occhi, né per l'orgoglio matto di vincerti colla nostra supplicazione. Non chiediamo, noi, la grande discesa nella gloria dei cieli, né il fulgore della Trasfigurazione, né gli squilli degli angeli e tutta la sublime liturgia dell'ultima venuta. C'è tanta umiltà, tu lo sai, nella nostra irrompente tracotanza! Noi vogliamo soltanto te, la tua persona, il tuo povero corpo trivellato e ferito, colla sua povera camicia d'operaio povero; vogliamo veder quegli occhi che passano la parete del petto e la carne del cuore, e guariscono quando feriscono collo sdegno, e fanno sanguinare quando guardano con tenerezza. E vogliamo udire la tua voce che sbigottisce i demoni da quanto è dolce e incanta i bambini da quanto è forte.
Tu sai quanto sia grande, proprio in questo tempo, il bisogno del tuo sguardo e della tua parola. Tu lo sai bene che un tuo sguardo può stravolgere e mutare le nostre anime, che la tua voce ci può trarre dallo stabbio della nostra infinita miseria; tu sai meglio di noi, tanto più profondamente di noi, che la tua presenza è urgente e indifferibile in questa età che non ti conosce.
Sei venuto, la prima volta, per salvare; nascesti per salvare; parlasti per salvare; ti facesti crocifiggere per salvare: la tua arte, la tua opera, la tua missione, la tua vita è di salvare. E noi abbiamo oggi, in questi giorni grigi e maligni, in questi anni che sono un condensamento e un accrescimento incomportabile d'orrore e dolore, abbiamo bisogno, senza ritardi, d'esser salvati!
Se tu fossi un Dio geloso e acrimonioso, un Dio che tiene il rancore, un Dio vendicativo, un Dio solamente giusto, allora non daresti ascolto alla nostra preghiera. Perché tutto quello che gli uomini potevan farti di male, anche dopo la tua morte, e più dopo la morte che in vita, gli uomini  l'hanno fatto; noi tutti, quello stesso che ti parla insieme agli altri, l'abbiamo fatto. Milioni di Giuda ti hanno baciato dopo averti venduto, e non per trenta denari soli, e neppure una volta sola; legioni di Farisei, sciami di Caifa ti hanno sentenziato malfattore, degno d'esser rinchiodato; e milioni di volte, col pensiero e la volontà, ti hanno crocifisso; e un'eterna canaia di fecciosi insobilliti t'ha ricoperto il viso di saliva e di schiaffi; e gli staffieri, gli scaccini, i portinai, la gente d'arme degli ingiusti detentori d'argento e di potestà ti hanno frustate le spalle e insanguinata la fronte; e migliaia di Pilati, vestiti di nero o di vermiglio, usciti appena dal bagno, profumati d'unguenti, ben pettinati e rasati, ti hanno consegnato migliaia di volte agl'impiccatori dopo averti riconosciuto innocente; e innumerevoli bocche flatulenti e vinose hanno chiesto innumerevoli volte la libertà dei ladri sediziosi, dei criminali confessi, degli assassini conosciuti, perché tu fossi innumerevoli volte trascinato sul Teschio e affisso all'albero con cavicchi di ferro fucinati dalla paura e ribattuti dall'odio.
Ma tu hai perdonato tutto e sempre. Tu sai, tu che sei stato in mezzo a noi, qual è il fondo della nostra natura sciagurata. Non siamo che rappezzi e bastardume, foglie instabili e passanti, carnefici di noi medesimi, aborti malvenuti che si sdraiano nel male a guisa d'un lattante rinvoltato nel suo piscio, d'un briaco stramazzato nel suo vomito, d'un accoltellato disteso nel suo sangue, d'un ulceroso giacente nel suo marciume. T'abbiamo respinto perché troppo puro per noi; t'abbiamo condannato a morte perché eri la condanna della nostra vita. Tu stesso l'hai detto in quei giorni: «Stetti in mezzo al mondo e nella carne mi rivelai ad essi; e trovai tutti ubriachi e nessuno trovai fra loro assetato, e l'anima mia soffre per i figlioli degli uomini, poiché son ciechi nel loro cuore». Tutte le generazioni sono eguali a quella che ti crocifisse e, sotto qualunque forma tu venga, ti rifiutano. «Simili, - tu dicesti - a quei ragazzi che stanno per le piazze e gridano ai compagni: "V'abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; abbiamo intonato lamenti e non avete pianto"». Così abbiamo fatto noi, per quasi sessanta generazioni.
Ma ora è venuto il tempo che gli uomini son più ebbri d'allora ma più sitibondi. In nessuna età come in questa abbiamo sentito la sete struggente d'una salvazione soprannaturale. In nessun tempo, di quanti ne ricordiamo, l'abbiettezza è stata così abbietta e l'arsura così ardente. La terra è un Inferno illuminato dalla condiscendenza del sole. Ma gli uomini sono attuffati in una pegola di sterco stemperato nel pianto, dalla quale si levano, talvolta, frenetici e sfigurati, per buttarsi nel bollor vermiglio del sangue, con la speranza di lavarsi. Da poco sono usciti da uno di questi feroci lavacri e son tornati, dopo l'immensa decimazione, nel comun brago escrementizio. Le pestilenze hanno seguito le guerre; i terremoti le pestilenze; immani armenti di cadaveri infraciditi, quanti ne bastava una volta per popolare un regno, son distesi sotto il lieve schermo della terra bacosa, occupando, se fossero insieme, lo spazio di molte province. Eppure, come se tutti quei morti non fossero che una prima rata dell'universale distruzione, seguitano ad uccidersi e ad uccidere. Le nazioni opulente condannano alla fame le nazioni povere; i ribelli ammazzano i loro padroni di ieri; i padroni fanno ammazzare i rivoltosi dai loro mercenari; nuovi dittatori, profittando dello sfasciume di tutti i sistemi e di tutti i regimi, conducono intere nazioni alla carestia, alla strage e alla dissoluzione.
L'amor bestiale di ciascun uomo per se stesso, di ogni casta per se medesima, di ogni popolo per se solo, è ancora più cieco e gigante dopo gli anni che l'odio ricoprì di fuoco, di fumo, di fosse e d'ossami la terra. L'amore di sé, dopo la disfatta universale e comune, ha centuplicato l'odio: odio dei piccoli contro i grandi, degli scontenti contro gli inquieti, dei servipadroni contro i padroni asserviti, dei ceti ambiziosi contro i ceti declinanti, delle razze egemoni contro le razze vassalle, dei popoli aggiogati contro i popoli aggiogatori. L'ingordigia del troppo ha generato l'indigenza del necessario; la prurigine dei piaceri il rodìo delle torture, la smania di libertà l'aggravamento delle pastoie.
Negli ultimi anni la specie umana, che già si torceva nel delirio di cento febbri, è impazzita. Tutto il mondo rintrona del fragore di macerie che rovinano; le colonne sono interrate nel pattume; e le stesse montagne precipitano dalle cime valanghe di pietrisco perché tutta la terra diventi un maligno piano eguale. Anche gli uomini ch'eran rimasti intatti nella pace dell'ignoranza li hanno strappati a forza dalle sodaglie pastorali per rammontarli nel mescolamento rabbioso delle città a inzafardarsi e patire. Dappertutto un caos in sommovimento, un subbuglio senza speranza, un brulicame che appuzza l'aria afosa, una irrequietudine scontenta di tutto e della propria scontentezza. Gli uomini, nell'ebrietà sinistra di tutti i veleni, consuman se stessi per bramosia di fiaccare i loro fratelli di pena, e, pur di uscire da questa passione senza gloria, cercano, in tutte le maniere, la morte. Le droghe estatiche e afrodisiache, le voluttà che struggono e non saziano, l'alcool, i giuochi, le armi, prelevano ogni giorno a migliaia i sopravvissuti alle decimazioni obbligatorie.
Il mondo, per quattr'anni interi, s'è imbrattato di sangue per decidere chi doveva aver l'aiola più grande e il più grosso marsupio. I servitori di Mammona hanno cacciato Calibano in opposte interminabili fosse per diventare più ricchi e impoverire i nemici. Ma questa spaventevole esperienza non ha giovato a nessuno. Più poveri tutti di prima, più affamati di prima, ogni gente è tornata ai piedi di fango del Dio Negozio a sacrificargli la pace propria e la vita altrui. Il divino Affare e la santa Moneta occupano, ancora più che nel passato, gli uomini invasati. Chi ha poco vuol molto; chi ha molto vuol più; chi ha ottenuto il più vuol tutto. Avvezzati allo sperpero degli anni divoratori, i sobri son diventati ghiotti, i rassegnati son fatti avidi, gli onesti si son dati al ladroneccio, i più casti al mercimonio. Sotto il nome di commercio si pratica l'usura e l'appropriazione; sotto l'insegna della grande industria la pirateria di pochi a danno di molti. I barattieri e i malversatori hanno in custodia il denaro pubblico e la concussione fa parte della regola di tutte le oligarchie. I ladri, rimasti soli ad osservare la giustizia, non risparmiano, nell'universale ruberia, neppure i ladri. L'ostentazione dei ricchi ha chiodato nella testa di tutti che altro non conta, sulla terra finalmente liberata dal cielo, che l'oro e quel che si può comprare e sciupare coll'oro.
Tutte le fedi, in questo marame infetto, smortiscono e si disfanno. Una sola religione pratica il mondo, quella che riconosce la somma trinità di Wotan, Mammona e Priapo: la Forza che ha per simbolo la Spada e per tempio la Caserma; la Ricchezza che ha per simbolo l'Oro e per tempio la Borsa; la Carne che ha per simbolo il Phallus e per tempio il Bordello. Questa è la religione regnante su tutta la terra, praticata con ardore dai fatti, se non sempre con le parole, da tutti i viventi. L'antica famiglia si frantuma: il matrimonio è distrutto dall'adulterio e dalla bigamia; la figliolanza a molti par maledizione e la scansano con le varie frodi e gli aborti volontari; la fornicazione sopravanza gli amori legittimi; la sodomia ha i suoi panegiristi e i suoi lupanari; le meretrici, pubbliche e occulte, regnano sopra un popolo immenso di slombati e di sifilitici.
Non c'è più Monarchie e neanche Repubbliche. Ogni ordine non è che fregio e simulacro. La Plutocrazia e la Demagogia, sorelle nello spirito e nei fini, si contendono la dominazione dell'orde sediziose, malamente servite dalla Mediocrità salariata. E intanto sopra l'una e l'altra delle caste in campo, la Coprocrazia, realtà effettiva e incontestata, ha sottomesso l'Alto al Basso, la Qualità alla Quantità, lo Spirito al Fango.
Tu sai queste cose, Cristo Gesù, e vedi ch'è giunta un'altra volta la pienezza dei tempi e che questo mondo febbroso e imbestiato non merita che d'esser punito da un diluvio di fuoco o salvato dalla tua mediazione. Soltanto la tua Chiesa, la Chiesa da te fondata sulla pietra di Pietro, la sola che meriti il nome di Chiesa, la Chiesa unica e universale che parla da Roma colle parole infallibili del tuo vicario, ancora emerge, rafforzata dagli assalti, ingrandita dagli scismi, ringiovanita dai secoli, sul mare furioso e minaccioso del mondo. Ma tu che l'assisti col tuo spirito sai quanti e quanti, perfino fra quelli che vi son nati,  vivon fuori dalla sua legge .
Hai detto una volta: «Se uno è solo io sono con lui. Rimuovi la pietra e lì mi ritroverai, incidi il legno ed io son qui.». Ma per scoprirti nella pietra e nel legno è necessaria la volontà di cercarti, la capacità di vederti. E oggi i più degli uomini non vogliono, non sanno trovarti. Se non fai sentire la tua mano sopra il loro capo e la tua voce ne' loro cuori seguiteranno a cercare solamente se stessi, senza trovarsi, perché nessuno si possiede se non ti possiede. Noi ti preghiamo, dunque, Cristo, noi, i rinnegatori, i colpevoli, i nati fuori di tempo, noi che ci rammentiamo ancora di te, e ci sforziamo di viver con te, ma sempre troppo lontani da te, noi, gli ultimi, i disperati, i reduci dai peripli e dai precipizi, noi ti preghiamo che tu ritorni ancora una volta fra gli uomini che ti uccisero, fra gli uomini che seguitano a ucciderti, per ridare a tutti noi, assassini nel buio, la luce della vita vera.
Più d'una volta sei apparso, dopo la Resurrezione, ai viventi, a quelli che credevan d'odiarti, a quelli che ti avrebbero amato anche se tu non fossi figliolo di Dio, hai mostrato il tuo viso ed hai parlato con la tua voce. Gli asceti nascosti tra le ripe e le sabbie, i monaci nelle lunghe notti dei cenobi, i santi sulle montagne, ti videro e ti udirono e da quel giorno non chiesero che la grazia della morte per riunirsi con te. Tu eri la luce e parola sulla strada di Paolo, fuoco e sangue nello speco di Francesco, amore disperato e perfetto nelle celle di Caterina e di Teresa. Se tornasti per uno perché non torni, una volta, per tutti? Se quelli meritavano di vederti, per i diritti dell'appassionata speranza, noi possiamo invocare i diritti della nostra deserta disperazione. Quell'anime ti evocarono col potere dell'innocenza; le nostre ti chiamano dal fondo della debolezza e dell'avvilimento. Se appagasti l'estasi dei Santi perché non dovresti accorrere al pianto dei Dannati? Non dicesti d'esser venuto per gl'infermi e non per i sani, per quello che s'è perduto e non per quelli che son rimasti? Ed ecco tu vedi che tutti gli uomini sono appestati e febbricitanti e che ognuno di noi, cercando sé, s'è smarrito e ti ha perso. Mai come oggi il tuo Messaggio è stato necessario e mai come oggi fu dimenticato o spregiato. Il Regno di Satana è giunto ormai alla piena maturazione e la salvezza che tutti cercano brancolando non può esser che nel tuo Regno.
La grande esperienza volge alla fine. Gli uomini, allontanandosi dall'Evangelo, hanno trovato la desolazione e la morte. Più d'una promessa e d'una minaccia s'è avverata. Ormai non abbiamo, noi disperati, che la speranza d'un tuo ritorno. Se non vieni a destare i dormienti accovati nella belletta puzzante del nostro inferno, è segno che il gastigo ti sembra ancor troppo certo e leggero per il nostro tradimento e che non vuoi mutare l'ordine delle tue leggi. E sia la tua volontà ora e sempre, in cielo e sulla terra.
Ma noi, gli ultimi, ti aspettiamo. Ti aspetteremo ogni giorno, a dispetto della nostra indegnità e d'ogni impossibile. E tutto l'amore che potremo torchiare dai nostri cuori devastati sarà per te, Crocifisso, che fosti tormentato per amor nostro e ora ci tormenti con tutta la potenza del tuo implacabile amore.

Giovanni Papini - Vita di Cristo 

Il miracolo perpetuo dell'esistenza

  Non mi interessa più capire come un dio possa essere uno e trino, come Gesù sia uomo e figlio di dio.  Sono anch'io figlia di dio e am...