mercoledì 6 marzo 2013

Questi benedetti siti cattolici...


Papalepapale è un sito cattolico tradizionalista uso a non risparmiare critiche e che spesso e volentieri spara a zero, con rabbia da “mastino”, sui poveri malcapitati di turno, commentatori inclusi. Al suo curatore che si autodefinisce per l’appunto mastino (dell’ortodossia? o cane ringhioso e basta?) si potrebbe ben applicare l’epigrafe riguardante Pietro l’Aretino: “di tutti disse mal fuor che di Cristo, scusandosi col dir: non lo conosco”. Uno dei bersagli del sito è il Card. Ravasi. Ecco un brano del lungo post che lo riguarda: 
Il Ravasi su Famiglia Cristiana del 1° novembre 1989, scrisse un articolo sul processo a Gesù in cui arriva alla conclusione che gli ebrei non hanno avuto alcuna responsabilità oggettiva nella condanna a morte di Cristo: su questo punto ci concentreremo dopo. Egli inizia dicendo che “lunica documentazione diretta disponibile è quella dei Vangeli.” E dice bene. Fino a quando non asserisce, continuando, che tale “documentazione che, storicamente parlando, non è ineccepibile, essendo di parte e con finalità più teologiche che rigorosamente storiografiche…”. Dunque per il Ravasi gli autori dei Vangeli avrebbero scritto non di un evento storico realmente accaduto, ma di una storia parziale e partigiana, di “parte”, cioè distorta, truccata, per portare acqua al proprio mulino e per inserire in codesta storia falsata elementi teologici che giustificassero la divinità di Cristo e le pretese teologiche della comunità nascente. 
Non voglio fare il difensore d'ufficio di nessuno né tantomeno del Cardinale che di esegesi se ne intende più di me e di cento mastini messi assieme ma qualche parolina vorrei dirla in proposito anch'io.
I Vangeli - si sa - sono pur sempre stati scritti dalla mano dell’uomo e proprio per questo il Card. Ravasi ha ottime ragioni per affermare quello che afferma. Provate per un attimo a calarvi nel clima storico-politico che si respirava negli anni della prima ed ancor più della seconda metà del I secolo della nostra era volgare. Roma era la capitale del mondo. I Romani avevano conquistato gran parte dei territori allora conosciuti. Il controllo sui popoli sottomessi – per quanto illuminato e tollerante rispetto alle tradizioni locali possa essere giudicato il metodo di governo di Roma – era in sostanza duro e inflessibile. Le voci di dissenso venivano prontamente e ferocemente soffocate. Lo stesso Giuseppe Flavio dà conto di innumerevoli esecuzioni avvenute nella sua Patria soprattutto nel periodo in cui Ponzio Pilato ne era il Procuratore. Le croci furono innalzate a migliaia. La ribellione degli Ebrei costò fiumi di sangue ad un popolo fiero ed orgoglioso della sua indipendenza e schiere di patrioti furono messi a morte senza pietà. Gesù ne seguì la medesima sorte per decisione di Pilato e per mano di soldati romani. L’aquila di Roma si staglia nitida e minacciosa sulla scena del Calvario. Provate anche ad immaginare quale possibilità di penetrazione nel mondo romano avrebbe potuto avere una “buona novella” fedele ai fatti e divulgata ingenuamente per come essi si erano realmente svolti. Una cautela politica ed una preoccupazione di non offendere minimamente l’odiato oppressore sono alla base dell’elaborazione dei fatti della Passione e Morte. I redattori anzi hanno voluto far cadere la responsabilità della fine di Gesù quasi interamente sugli Ebrei. Pilato, il crudelissimo e sanguinario Pilato di Giuseppe Flavio, diviene di colpo un funzionario debole ed arrendevole.  Addirittura gli vengono messe in bocca le improbabili parole “non ho trovato alcuna colpa in quest’uomo”. Ai capi del popolo ed alla folla che si accalcava nel pretorio è addossata per intero la colpa di aver invocato a gran voce la condanna del Giusto che perfino il Procuratore voleva a tutti i costi salvare. Più settari ed antistorici di così i redattori dei vangeli non potevano essere. In questo contesto suonano false  e costruite ad arte talune circostanze tra le quali ne elenco alcune: nel poco spazio disponibile all’interno del pretorio era assolutamente impossibile riunire una folla così numerosa come quella che descrivono i vangeli. Ed ancora: è logico pensare che Gesù, dopo aver attraversato tante contrade e tante città della Sua nazione facendo del bene a tutti, dopo aver miracolato e sfamato migliaia di persone, si trovasse inspiegabilmente tutti contro proprio nel momento cruciale? Anche la famosa risposta di Gesù: “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” (si noti quel “Cesare”  anteposto addirittura al successivo “e a Dio”)  è frutto anch’essa di una mirata elaborazione dei redattori preoccupati di ingraziarsi Roma ed i rappresentanti del suo potere. Pure la vicenda di Giuda, traditore e rinnegato, si inquadra secondo me nel medesimo disegno dei redattori di voler a tutti i costi scagionare Roma e i rappresentanti del suo apparato politico-militare. Oltre tutto la morte di Giuda è riportata in modo contraddittorio dagli Atti degli Apostoli e dal Vangelo di Matteo (XXVII capitolo) cioè secondo due versioni nettamente ed apertamente contrastanti tra loro. Luca, l'autore degli Atti, riferendo direttamente il discorso di Pietro, scrive che il traditore era stato giustiziato ed era stato trovato morto attaccato per i piedi ad un albero, col ventre aperto e le budella sparpagliate al suolo. Il Vangelo di Matteo invece, con insanabile contraddizione, tramanda che Giuda morì suicida dopo essersi impiccato. Ma tutto questo non doveva rimanere senza conseguenze. I germi nefasti dell’antigiudaismo erano stati irreparabilmente inoculati. L’operazione “Giuda” ne ha favorito una lenta e progressiva incubazione che, durata secoli, doveva  sfociare nella persecuzione, la deportazione e lo sterminio del popolo ebreo.

1 commento:

Tomaso ha detto...

Sempre molto interessanti, i tuoi post, caro Pino.
Buona serata amico.
Tomaso

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