Papalepapale
è un sito cattolico tradizionalista uso a non risparmiare critiche e
che spesso e volentieri spara a zero, con rabbia da “mastino”, sui poveri malcapitati di
turno, commentatori inclusi. Al suo
curatore che si autodefinisce per l’appunto mastino (dell’ortodossia? o cane
ringhioso e basta?) si potrebbe ben applicare l’epigrafe riguardante Pietro
l’Aretino: “di tutti disse mal fuor che di Cristo, scusandosi col dir: non lo
conosco”. Uno dei
bersagli del sito è il Card. Ravasi. Ecco un
brano del lungo post che lo riguarda:
Il Ravasi su Famiglia Cristiana del 1° novembre 1989, scrisse un
articolo sul processo a Gesù in cui arriva alla conclusione che gli ebrei non
hanno avuto alcuna responsabilità oggettiva nella condanna a morte di Cristo:
su questo punto ci concentreremo dopo. Egli inizia dicendo che “l’unica documentazione diretta disponibile
è quella dei Vangeli.” E dice bene. Fino a quando non asserisce, continuando,
che tale “documentazione che, storicamente parlando, non è ineccepibile,
essendo di parte e con finalità più teologiche che rigorosamente
storiografiche…”. Dunque per il Ravasi gli autori dei Vangeli avrebbero scritto
non di un evento storico realmente accaduto, ma di una storia
parziale e partigiana, di “parte”, cioè distorta, truccata, per portare acqua
al proprio mulino e per inserire in codesta storia falsata elementi teologici
che giustificassero la divinità di Cristo e le pretese teologiche della
comunità nascente.
Non voglio fare il difensore d'ufficio di nessuno né tantomeno del Cardinale che di esegesi se ne intende più di me e di cento mastini messi assieme ma qualche parolina vorrei dirla in proposito anch'io.
I Vangeli - si sa - sono pur sempre stati
scritti dalla mano dell’uomo e proprio per questo il Card. Ravasi ha ottime ragioni per affermare
quello che afferma. Provate per un attimo a calarvi
nel clima storico-politico che si respirava negli anni della prima ed ancor più
della seconda metà del I secolo della nostra era volgare. Roma era la capitale del
mondo. I Romani avevano conquistato gran parte dei territori allora conosciuti.
Il controllo sui popoli sottomessi – per quanto illuminato e tollerante
rispetto alle tradizioni locali possa essere giudicato il metodo di governo di
Roma – era in sostanza duro e inflessibile. Le voci di dissenso venivano
prontamente e ferocemente soffocate. Lo stesso Giuseppe Flavio dà conto di
innumerevoli esecuzioni avvenute nella sua Patria soprattutto nel periodo in
cui Ponzio Pilato ne era il Procuratore. Le croci furono innalzate a migliaia.
La ribellione degli Ebrei costò fiumi di sangue ad un popolo fiero ed
orgoglioso della sua indipendenza e schiere di patrioti furono messi a morte
senza pietà. Gesù ne seguì la medesima sorte per decisione di Pilato e per mano
di soldati romani. L’aquila di Roma si staglia
nitida e minacciosa sulla scena del Calvario. Provate anche ad immaginare quale
possibilità di penetrazione nel mondo romano avrebbe potuto avere una “buona
novella” fedele ai fatti e divulgata ingenuamente per come essi si erano
realmente svolti. Una cautela politica ed una preoccupazione di non offendere
minimamente l’odiato oppressore sono alla base dell’elaborazione dei fatti
della Passione e Morte. I redattori anzi hanno voluto far cadere la
responsabilità della fine di Gesù quasi interamente sugli Ebrei. Pilato, il
crudelissimo e sanguinario Pilato di Giuseppe Flavio, diviene di colpo un
funzionario debole ed arrendevole.
Addirittura gli vengono messe in bocca le improbabili parole “non ho
trovato alcuna colpa in quest’uomo”. Ai capi del popolo ed alla folla che si
accalcava nel pretorio è addossata per intero la colpa di aver invocato a gran
voce la condanna del Giusto che perfino il Procuratore voleva a tutti i costi
salvare. Più settari ed antistorici di così i redattori dei vangeli non
potevano essere. In questo contesto suonano
false e costruite ad arte talune
circostanze tra le quali ne elenco alcune: nel poco spazio disponibile
all’interno del pretorio era assolutamente impossibile riunire una folla così
numerosa come quella che descrivono i vangeli. Ed ancora: è logico pensare che
Gesù, dopo aver attraversato tante contrade e tante città della Sua nazione facendo
del bene a tutti, dopo aver miracolato e sfamato migliaia di persone, si
trovasse inspiegabilmente tutti contro proprio nel momento cruciale? Anche la
famosa risposta di Gesù: “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è
di Dio” (si noti quel “Cesare” anteposto
addirittura al successivo “e a Dio”) è
frutto anch’essa di una mirata elaborazione dei redattori preoccupati di ingraziarsi Roma
ed i rappresentanti del suo potere. Pure la vicenda di Giuda, traditore e
rinnegato, si inquadra secondo me nel medesimo disegno dei redattori di voler a
tutti i costi scagionare Roma e i rappresentanti del suo apparato
politico-militare. Oltre tutto la morte di Giuda è riportata in modo
contraddittorio dagli Atti degli Apostoli e dal Vangelo di Matteo (XXVII
capitolo) cioè secondo due versioni nettamente ed apertamente contrastanti tra
loro. Luca, l'autore degli Atti, riferendo direttamente il discorso di Pietro,
scrive che il traditore era stato giustiziato ed era stato trovato morto
attaccato per i piedi ad un albero, col ventre aperto e le budella sparpagliate
al suolo. Il Vangelo di Matteo invece, con insanabile contraddizione, tramanda
che Giuda morì suicida dopo essersi impiccato. Ma tutto questo non doveva
rimanere senza conseguenze. I germi nefasti dell’antigiudaismo erano stati
irreparabilmente inoculati. L’operazione “Giuda” ne ha favorito una lenta e
progressiva incubazione che, durata secoli, doveva sfociare nella persecuzione, la deportazione
e lo sterminio del popolo ebreo.
1 commento:
Sempre molto interessanti, i tuoi post, caro Pino.
Buona serata amico.
Tomaso
Posta un commento