Lettera a Massimo, ladro zingaro ammazzato
A Molfetta, durante una tentata rapina un metronotte, per legittima difesa, sparò e uccise il ladro, uno zingaro. Il Vescovo, Monsignor Tonino Bello, saputa la notizia si recò al cimitero e rimase contristato dalla solitudine del morto: non c’era nessuno alle sue esequie e scrisse una lettera ad un uomo che non l’avrebbe mai letta, a Massimo, il ladro zingaro ammazzato.
Ho saputo per caso della tua morte violenta, da un ritaglio di giornale. Mi hanno detto che ti avrebbero seppellito stamattina, e sono venuto di buon’ora al cimitero a celebrare le esequie per te.
Ma non ho potuto pronunciare l’omelia. Perché alla mia messa non c’era nessuno. Solo don Carlo, il cappellano, che rispondeva alle orazioni. E il vento gelido che scuoteva le vetrate.
Sulla tua bara, neppure un fiore. Sul tuo corpo, neppure una lacrima. Sul tuo feretro, neppure un rintocco di campana.
Ho scelto il Vangelo di Luca, quello dei due malfattori crocifissi con Cristo, e durante la lettura mi è parso che la tua voce si sostituisse a quella del ladro pentito: «Gesù, ricordati di me!…».
Povero Massimo, ucciso sulla strada come un cane bastardo, a 22 anni, con una spregevole refurtiva tra le mani che è rotolata nel fango con te!
Povero randagio. Vedi: sei tanto povero, che posso chiamarti ladro tranquillamente, senza paura che qualcuno mi denunzi per vilipendio o rivendichi per te il diritto al buon nome.
Tu non avevi nessuno sulla terra che ti chiamasse fratello. Oggi, però, sono io che voglio rivolgerti, anche se ormai troppo tardi, questo dolcissimo nome.
Mio caro fratello ladro, sono letteralmente distrutto.
Ma non per la tua morte. Perché, stando ai parametri codificati della nostra ipocrisia sociale, forse te la meritavi. Hai sparato tu per primo sul metronotte, ferendolo gravemente. E lui si è difeso. E stamattina, quando sono andato a trovarlo in ospedale, mi ha detto piangendo che anche lui strappa la vita con i denti. E che, con quei quattro luridi soldi per i quali rischia ogni notte la pelle, deve mantenere dieci figli: il più grande quanto te, il più piccolo di un anno e mezzo.
No, non sono amareggiato per la tua morte violenta. Ma per la tua squallida vita.
Prima che giustamente ti uccidesse il metronotte, ti aveva ingiustamente ucciso tutta la città. Questa città splendida e altera, generosa e contraddittoria. Che discrimina, che rifiuta, che non si scompone. Questa città dalla delega facile. Che pretende tutto dalle istituzioni. Che non si mobilita dalla base nel vedere tanta gente senza tetto, tanti giovani senza lavoro, tanti minori senza istruzione. Questa città che finge di ignorare la presenza, accanto a te che cadevi, di tre bambini che ti tenevano il sacco!
Prima che giustamente ti uccidesse il metronotte, ti avevano ingiustamente ucciso le nostre comunità cristiane. Che, sì, sono venute a cercarti, ma non ti hanno saputo inseguire. Che ti hanno offerto del pane, ma non ti hanno dato accoglienza. Che organizzano soccorsi, ma senza amare abbastanza. Che portano pacchi, ma non cingono di tenerezza gli infelici come te. Che promuovono assistenza, ma non promuovono una nuova cultura di vita. Che celebrano belle liturgie, ma faticano a scorgere l’icona di Cristo nel cuore di ogni uomo. Anche in un cuore abbrutito e fosco come il tuo, che ha cessato di batter per sempre.
Prima che giustamente ti uccidesse il metronotte, forse ti avevo ingiustamente ucciso anch’io che, l’altro giorno, quando c’era la neve e tu bussasti alla mia porta, avrei dovuto fare ben altro che mandarti via con diecimila miserabili lire e con uno scampolo di predica.
Perdonaci, Massimo.
Il ladro non sei solo tu. Siamo ladri anche noi perché prima ancora che della vita, ti abbiamo derubato della dignità di uomo.
Perdonaci per l’indifferenza con la quale ti abbiamo visto vivere, morire e seppellire.
Perdonaci se, ad appena otto giorni dall’inizio solenne del l’anno internazionale dei giovani, abbiamo fatto pagare a te, povero sventurato, il primo estratto conto della nostra retorica.
Addio, fratello ladro.
Domani verrò di nuovo al camposanto. E sulla tua fossa senza fiori, in segno di espiazione e di speranza, accenderò una lampada.
Chiedo solo 5-10 minuti del vostro tempo prezioso. Questo incredibile pugno nello stomaco, questo impietoso j'accuse, che don Tonino Bello rivolge innanzitutto a se stesso, è un documento che andrebbe letto, riletto e meditato con molta umiltà. Tutti siamo colpevoli dell'indifferenza verso i poveri e gli emarginati della terra.
Mio caro fratello ladro, sono letteralmente distrutto.
Ma non per la tua morte. Perché, stando ai parametri codificati della nostra ipocrisia sociale, forse te la meritavi. Hai sparato tu per primo sul metronotte, ferendolo gravemente. E lui si è difeso. E stamattina, quando sono andato a trovarlo in ospedale, mi ha detto piangendo che anche lui strappa la vita con i denti. E che, con quei quattro luridi soldi per i quali rischia ogni notte la pelle, deve mantenere dieci figli: il più grande quanto te, il più piccolo di un anno e mezzo.
No, non sono amareggiato per la tua morte violenta. Ma per la tua squallida vita.
Prima che giustamente ti uccidesse il metronotte, ti aveva ingiustamente ucciso tutta la città. Questa città splendida e altera, generosa e contraddittoria. Che discrimina, che rifiuta, che non si scompone. Questa città dalla delega facile. Che pretende tutto dalle istituzioni. Che non si mobilita dalla base nel vedere tanta gente senza tetto, tanti giovani senza lavoro, tanti minori senza istruzione. Questa città che finge di ignorare la presenza, accanto a te che cadevi, di tre bambini che ti tenevano il sacco!
Prima che giustamente ti uccidesse il metronotte, ti avevano ingiustamente ucciso le nostre comunità cristiane. Che, sì, sono venute a cercarti, ma non ti hanno saputo inseguire. Che ti hanno offerto del pane, ma non ti hanno dato accoglienza. Che organizzano soccorsi, ma senza amare abbastanza. Che portano pacchi, ma non cingono di tenerezza gli infelici come te. Che promuovono assistenza, ma non promuovono una nuova cultura di vita. Che celebrano belle liturgie, ma faticano a scorgere l’icona di Cristo nel cuore di ogni uomo. Anche in un cuore abbrutito e fosco come il tuo, che ha cessato di batter per sempre.
Prima che giustamente ti uccidesse il metronotte, forse ti avevo ingiustamente ucciso anch’io che, l’altro giorno, quando c’era la neve e tu bussasti alla mia porta, avrei dovuto fare ben altro che mandarti via con diecimila miserabili lire e con uno scampolo di predica.
Perdonaci, Massimo.
Il ladro non sei solo tu. Siamo ladri anche noi perché prima ancora che della vita, ti abbiamo derubato della dignità di uomo.
Perdonaci per l’indifferenza con la quale ti abbiamo visto vivere, morire e seppellire.
Perdonaci se, ad appena otto giorni dall’inizio solenne del l’anno internazionale dei giovani, abbiamo fatto pagare a te, povero sventurato, il primo estratto conto della nostra retorica.
Addio, fratello ladro.
Domani verrò di nuovo al camposanto. E sulla tua fossa senza fiori, in segno di espiazione e di speranza, accenderò una lampada.
Chiedo solo 5-10 minuti del vostro tempo prezioso. Questo incredibile pugno nello stomaco, questo impietoso j'accuse, che don Tonino Bello rivolge innanzitutto a se stesso, è un documento che andrebbe letto, riletto e meditato con molta umiltà. Tutti siamo colpevoli dell'indifferenza verso i poveri e gli emarginati della terra.
12 commenti:
giusta lettura, il tuo post, dopo aver letto la notizia che a Roma i vigili gireranno per la città armati...giusto leggere le parole di don Bello per domandarsi cosa è "giusto" fare...
Grazie per il tuo utile post A
Bisognerebbe farlo leggere ai tanti della Lega Nord ed a tutti quelli che dicono di essere cristiani...
C'è molta saggezza nelle parole del vescovo e molta pietà.
Resta il fatto che molti vivono nella paura, perché sono inermi di fronte alla violenza che dove coglie, coglie; questo è uno dei motivi dell'indifferenza e della mancanza di pietà.
Il morto, in questo caso, dopo le parole del vescovo, diventa un simbolo e forse sul suo tumulo oltre il lume del vescovo, qualcuno porterà un fiore, ma nessuno si curerà della tomba vicina dove è magari sepolto un altro povero disgraziato morto di stenti, uno di un altro milione.
Sileno
La cosa più brutta è non avere nessuno sulla propria tomba.
Dov'era Il vostro Dio quando il tipo in questione veniva ucciso??
E in Tutto il mondo dov'e' il Vostro Dio adesso accanto agli ultimi??
Quanti cristi inchiodati a una sedia o a un letto la gente scavalca, per inchinarsi a un cristo di legno. Quanti sacrifici dimenticati, per ricordarne uno. Se mi facessero entrare in una chiesa, griderei: smettete di guardare quell’altare vuoto. Adoratevi l’un l’altro.
(Stefano Benni)
Molto profonda questa lettera...parole sagge.Purtroppo viviamo in un mondo dove cè molta violenza.Ciao Ever...bellissimo post,da far riflettere a tanti...complimenti per la tua poesia sul blog di Stella...e grazie infinite per i tuoi apprezzamenti alla mia...grazie.Serena srata.
Lettera sulla quale riflettere, riflettere tutti,proprio tutti!
La citazione di Stefano Benni è feroce e disarmante. Non possiamo adorare un crocifisso di legno senza prenderci cura dei tanti poveri cristi in carne ed ossa che stanno attorno a noi e vivono vicino alle nostre comode case. Lo stesso Gesù aveva messo sull'avviso tutti gli adoratori falsi ed ipocriti quando disse: "Ciò che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me." (Mt 25,40)
Ti ho ripsosto anche su Facebook.
Per Adriano: lo farò quanto prima.
Non vedo cosa ci sia di feroce e disarmante nella frase di Benni.
Non pensare che i non credenti siano uomini cattivissimi!
Invece in quella frase c'e molta umanita' !
Non penserai mica che non ci sia rispetto per chi non la pensa come noi!?!?!?
Certo si puo' anche non condividere ci mancherebbe!
Ti ringrazio comunque per non aver censurato il mio commento!
Vedi come le parole possono risultare ingannevoli? Quando parlavo di citazione feroce e disarmante non volevo dare ai due aggettivi un tono dispregiativo...tutt'altro! Volevo solo dire che la verità e le parole che la rendono manifesta possono a volte colpire in modo molto efficace e far male più di ogni altra cosa!
La mia non era una critica ma un modo per condividere il contenuto del tuo commento ed apprezzare l' incisività della folgorante citazione di S. Benni.
Ciao Ever ti auguro di vero cuore un dolce serata.
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