venerdì 8 giugno 2012

Dei doveri e delle follie dei principi e dei cortigiani

 È già gran tempo ch’io differisco di dir qualche cosa intorno ai principi ed ai grandi, i quali sono del tutto opposti a que’ furbi ed impostori, di cui or ora ho parlato; essi mi coltivano senza verun riguardo, e con quella franchezza ch’è propria del loro grado. Se questi felici semi-dei avessero in zucca soltanto una mezz’oncia di cervello, che cosa mai vi sarebbe al mondo di più triste e miserabile della loro condizione? Chiunque si prendesse la pena di riflettere attentamente ai doveri d’un buon monarca, non che volesse usurpare una corona collo spergiuro, col parricidio, col liberticidio, in una parola coi più esecrandi delitti, tremerebbe invece all’aspetto d’un carico così enorme. Imperocché osserviamo in che cosa consistono gli obblighi d’un uomo che vien posto alla testa di una nazione. Egli deve travagliare giorno e notte pel pubblico, e mai pel privato interesse; non pensare che ai pubblici vantaggi; osservare pel primo le leggi, di cui è autore e depositario, né mai deviare in nulla da quelle; osservare da sè stesso, o con occhi ben sicuri, l’integrità degli ufficiali e dei magistrati; aver sempre presente che gli sguardi di tutti stanno fissi sulla sua pubblica e privata condotta, e che a guisa d’un astro salutare può utilmente influire sulle cose umane, o qual infausta cometa può cagionare le maggiori desolazioni. Non deve dimenticarsi giammai che i vizj, ed i delitti de’ sudditi sono infinitamente men contagiosi di quelli del padrone; ripetere ogni giorno a sè medesimo che il principe si trova in sì alto grado ove, dando cattivi esempj, la sua condotta è una peste che si comunica tosto, e fa una grandissima strage; riflettere che la fortuna d’un monarca lo espone continuamente al pericolo di abbandonare il retto sentiero, che deve resistere ai piaceri, alla lusinga dell’impunità, all’adulazione, al lusso, e che non saprebbe nè mettersi abbastanza in guardia, ne abbastanza reprimere tutto ciò che il può sedurre. Deve finalmente richiamarsi spesso alla memoria, che oltre alle insidie, agli odj, ai timori, ai mali tutti, a cui il principe trovasi esposto ad ogni momento rispetto ai suoi sudditi, ei deve tosto o tardi comparire innanzi al tribunale del re dei re, ove gli verrà chiesta stretta ragione di tutte le sue più piccole operazioni, ed ove sarà giudicato con un rigore proporzionato all’estensione del suo dominio. Io pertanto lo ripeto ancora, che se un principe riflettesse a tutte queste cose, alle quali dovrebbe pur troppo far riflessione se fosse un tantino savio, non potrebbe certamente nè mangiare, nè dormire tranquillamente un sol giorno di sua vita. Ma non temete; io ho posto rimedio anche a questo, e col favore della mia inspirazione i principi riposano tranquilli sul destino e sui loro ministri; vivono nella mollezza, e non trattano se non con quelle persone che possono contribuire a divertirli, ed a preservarli da ogni inquietudine ed afflizione. Credono costoro di soddisfare anche troppo ai doveri di un buon re divertendosi quotidianamente alla caccia, mantenendo bellissimi cavalli, vendendo a proprio vantaggio le cariche e gli impieghi, mettendo in opera degli espedienti pecuniari per divorare le sostanze de’ popoli, e per impinguarsi col sangue de’ loro schiavi. Non può negarsi che usino dei riguardi sul punto delle imposizioni: si allegano sempre dei titoli di bisogno, dei pretesti d’urgenza, e benché in fondo tali esazioni non siano talvolta che un mero ladroneccio, pure si studiano di coprirlo col velo del pubblico interesse, della giustizia e dell’equità; danno ai popoli delle buone parole, chiamandoli i suoi Buoni, i suoi Fedeli, i suoi Affezionatissimi sudditi; e mentre si spogliano con una mano, s’accarezzano coll’altra, per prevenire i loro lamenti, ed accostumarli a poco a poco a sopportare il giogo della tirannia. Ora poi, voglio farvi una supposizione: figuratevi sul trono (cosa che pur troppo spesso suol accadere) figuratevi, dico, sul trono un uomo ignaro delle leggi, quasi nemico del pubblico bene, che non tende se non al suo proprio interesse, schiavo dei suoi piaceri, sprezzatore delle scienze, che sdegna la verità, che non può ascoltare un linguaggio sincero, il cui ultimo pensiero sia la felicità de’ suoi schiavi, che non segua se non le sue passioni, che misuri ogni cosa dalla propria utilità. Mettete a quest’uomo la collana d’oro, ornamento che significa il complesso e l’unione di tutte le virtù; ponetegli sul capo la corona arricchita di pietre preziose, il che lo avverte d’essere in obbligo di sorpassare tutti gli altri in ogni sorta di eroiche virtù; dategli in mano lo scettro, quello scettro ch’è il simbolo della giustizia, e di un’anima completamente incorruttibile; vestitelo finalmente della porpora, che dinota un vivo amore pei popoli, ed un ardentissimo zelo por la loro felicità. Io son di parere che se questo monarca confrontasse i suoi reali ornamenti colla viziosa sua condotta, non potrebbe a meno di provarne vergogna e rossore, e son persuasa che egli temerebbe grandemente d’esser messo in ridicolo insieme coi suoi simbolici fregi da qualche sensato e lepido chiosatore.
Passiamo ora ai grandi della corte. Non havvi schiavitù più vile, più nauseante, più spregevole di quella, a cui si sottomette questa specie ridicola di persone, e ciò non ostante essa suol guardar d’alto in basso il resto de’ mortali. Conveniamo però che sono modestissimi circa un sol punto, ed è, che contenti di portare indosso l’oro, le pietre, la porpora, e tutti gli altri simboli della saviezza e della virtù, cedono facilmente agli altri la cura d’essere savi e virtuosi. Per essi la maggiore felicità è quella di aver l’onore di parlare al re, di chiamarlo signore e padrone assoluto, di fargli un breve e studiato complimento, di potergli prodigare i titoli fastosi di vostra Maestà, di vostr’Altezza Reale, di vostra Serenità, ecc. ecc. Tutta l’abilità de cortigiani consiste nel vestire con proprietà e magnificenza, nell’essere sempre ben profumati, e soprattutto nel saper adulare con finezza. Quanto poi allo spirito ed ai costumi sono veri Feaci, sono veri amanti di Penelope; voi sapete quanto ne dica il buon Omero e meglio di me ve lo ripeterà la ninfa Eco. Lo schiavo vile del monarca, purché non debba fare la corte al suo signore (poiché in questo caso si leverebbe anche al primo canto del gallo, suol dormire fine al meriggio; ed appena svegliato, il mercenario cappellano, che ne attendeva il momento, gli barbuglia in fretta in fretta una messa. Passa quindi a far colezione, e di lì a poco al pranzo, a cui succedono immediatamente i giuochi de’ dadi e degli scacchi, i buffoni, le cortigiane, gli sconci trattamenti, e tutti quegli altri piaceri, che chiamansi passatempi. Questi divoti esercizj si fanno non senza una o due merende; quindi si cena, e si passa la notte in mezzo alle bottiglie; e senza mai ricordarsi che si nasce per morire, si passa rapidamente la vita. Le ore, i giorni, i mesi, gli anni, i lustri trascorrono per essi senz’alcuna noia a guisa di lampe. Parmi di uscire da un convito, quando miro costoro gloriarsi delle loro ridicolaggini. Quella ninfa credesi più vicina agli Dei, perchè dietro si strascina una coda più lunga delle altre; questo grande, che ha ricevuta una gomitata nello stomaco del suo principe, mentre tentava di penetrar nella folla, si compiace e crede che vi sia minor distanza tra lui ed il suo sovrano; quel cortigiano si pavoneggia per la catena d’oro che gli pende dal collo, perchè pesa molto più di quella degli altri, facendo così pompa non meno della sua opulenza, che della facchinesca sua robustezza.
Da "Elogio della follia" di Erasmo da Rotterdam

4 commenti:

Tomaso ha detto...

Caro Pino, il titolo del tuo post parla all'inizio dei doveri purtroppo la storia ci ha insegnato che ci sono state solo follie i doveri li chiedono solo al popolo.
Ho letto attentamente i post e lo trovo giusto anche per i nostri tempi. Ciao e buona giornata.
Tomaso

Evergreen ha detto...

Hai ragione, caro Tomaso! La follia la fa da padrona a questo mondo. E in tutti i campi.
P.S.: ma come fai a prestare così tanta attenzione a ciascuno dei tuoi innumerevoli amici?
Sei fortissimo, fedele Tomaso! Ti ammiro anche per questo...

Fusa ha detto...

Passo di qui per lasciarti un saluto e un abbraccio! Ciao caro saggio fuso Pino :))

Evergreen ha detto...

Ma che bello ritrovare dopo tanto tempo una delle amiche più intelligenti e simpatiche del web! Un caro saluto e un abbraccio.
Pino

Terzine

Una storia di gloria e di misfatti Un popolo d'eroi e di vigliacchi Una genìa di saltimbanchi e matti!