domenica 3 giugno 2012

Figure d'altri tempi

Mons. Nicola Monterisi
"Non avrei mai creduto che ad un certo punto della mia vita mi sarei trovato a raccontare di un vescovo apologeticamente ed ex abundantia cordis: senza distacco, senza ironia, senza avversione."  
Così scriveva Sciascia nella Nota al suo incantevole "Dalle parti degli infedeli", dopo aver documentato con lettere e documenti già sotto il segreto del Sant'Uffizio, le vicissitudini di Mons. Angelo Ficarra, vescovo di Patti e conterraneo del grande scrittore.
Ed è quello che - fatte le debite proporzioni - è capitato anche a me.
Infatti l'ultimo libro, di cui ha voluto farmi dono il mio colto amico Prof. Antonio Di Palma (Nicola Monterisi, Arcivescovo di Salerno 1929-1944), mi ha dato l'opportunità di scoprire un altro vescovo che può ben competere con il suo coevo siciliano per spiritualità, cultura ma soprattutto per coraggio. Entrambi, pur nella diversità delle rispettive situazioni, dimostrano una singolare tempra di combattenti. Il primo alle prese con una personale, lunga  battaglia con i vertici della Curia romana, l'altro impegnato in un confronto breve ma intenso con gli Alleati e i vertici del Governo Italiano dell'epoca.
Le lettere di Mons. Monterisi al Ten.Col. Herbert Robertson, governatore della provincia di Salerno, al Maresciallo Badoglio ed al Comando Alleato testimoniano un'eccezionale forza d'animo ed un'assoluta trasparenza evangelica. "Sia il vostro parlare: sì, sì; no,no!"
A me - già militare di carriera - quelle lettere sono sembrate straordinarie per l'essenzialità, la schiettezza ed, a tratti, anche per la durezza di talune espressioni usate nei riguardi di altissime cariche militari ed istituzionali.
Un linguaggio secco, asciutto e senza fronzoli,  privo di ammiccamenti o blandizie diplomatiche. Uno stile in cui emergono nettamente chiarezza e assoluta mancanza di toni felpati.
Figure indomite come quella dell'allora Arcivescovo di Salerno, originario della vicina Barletta, oggi non se ne vedono più.
Ed è certamente anche per questo che un potere arrogante e protervo, libero da freni inibitori e senza  argini morali , dilaga ormai da tempo nel nostro Paese.

Ecco, in corsivo, il testo delle coraggiose missive intese a bloccare i ripetuti tentativi di requisizione del Seminario Regionale prima da parte del Comando Alleato e poi da parte del governo, il quale intendeva sistemare i vari ministeri dopo che Salerno era divenuta capitale della zona liberata:
  • al Ten .Col. Herbert Robertson in data 5 dicembre 1943:  "Il Seminario Pontificio è già da alcuni giorni in piena attività e gli alunni di liceo e teologia sono già quasi tutti rientrati, altri ancora per rientrare. Essi provengono da ben 36 diocesi [...]. Requisire il Seminario Pontificio significa colpire di disagio irreparabile tutte codeste Regioni Ecclesiastiche [...]. Devo inoltre ricordare che la S. Sede ha affidato al Governo Inglese la tutela degli interessi religiosi delle Regioni dell'Italia Meridionale. Ora nessun interesse è più vitale per la Chiesa di quello dei Seminari... ";
  • alle insistenze del Maresciallo Badoglio, Capo del Governo di Sua Maestà il Re, Monterisi l'8 dicembre 1943 scriveva in maniera non meno decisa: "Volete requisire il Pontificio Seminario Regionale di Salerno. Mi permetto di sottoporvi le seguenti mie osservazioni: Vi accludo l'annuario a stampa di detto Seminario per lo scorso anno scolastico, donde risulta che è Istituto unico di studi ecclesiastici della vasta zona tirrenica che va dal Golfo di Gaeta al Golfo di Taranto. Requisire tale Seminario vuol dire disorganizzare la vita religiosa per parecchi anni in tanta vasta zona italiana. Mancherà la successione sacerdotale; mancherà l'assistenza al popolo, mentre è in atto l'assalto comunista a queste popolazioni irritate, sacrificate, affamate dalla disastrosa guerra che ancora continua. Se togliete il puntello del prete, le cose veramente precipiteranno. Io non potendo comunicare con la S. Sede ho dovuto fare da me. Con sforzo immane, senza chiedere un soldo ad alcuno, nei due mesi scorsi ho fatto restaurare il Seminario dai danni dei bombardamenti. Vi ho speso circa mezzo milione. Prima di accingermi a tanta spesa, per essere più sicuro chiesi e ottenni dal Governo degli Alleati il permesso di aprire il Seminario. Non dovrebbe essere proprio il Governo Nazionale ad annullare tanto sforzo.
  • Mente scrivo il Seminario contiene già 200 alunni, e se ne aspettano molti altri, come possano questi avere mezzi di fortuna che li conducano qui. Anzi, siccome il Pontificio Seminario di Benevento ha avuto danni tali da non essere suscettibile di immediati restauri, parecchi vescovi di quella Regione hanno mandato qui i loro alunni. Siamo quindi oltre 30 Vescovi interessati in questa opera. La stessa S. Sede, per mancanza di comunicazione, non conosce che il suo Seminario è aperto. Inoltre io parlo al Governo Italiano, il quale appena 14 anni fa ha firmato con la S. Sede un Trattato ed un Concordato col quale gli Enti Ecclesiastici, e quindi molto più i Seminari, sono riconosciuti di interesse pubblico e il Governo si impegna a tutelarli. Anche legalmente dunque, non difendo interesse mio o nostro privato. Né il Seminario è edificio comune, che lasciandone uno sia possibile trasferirsi in un altro. È edificio unico. Infine se proprio avete bisogno di edifici ecclesiastici, io preferisco che occupiate alcune chiese, potendosi restringere il culto nelle altre e non il Seminario che è unico. Noi Episcopato, che abbiamo giurato fedeltà a Sua Maestà il Re, aspettiamo che Sua Maestà voglia risparmiarci così irreparabile danno spirituale. 
    Nicola Monterisi, Arcivescovo di Salerno
Per far recedere l'Arcivescovo dalla sue posizioni, Badoglio - due giorni  dopo - gli faceva portare a mano dal Generale di Corpo d'Armata Gustavo Reisoli-Mathieu la seguente lettera:

"Eccellenza, il Governo si deve stabilire a Salerno per espresso desiderio degli allleati anglo-americani. Per la sua sistemazione è indispensabile occupare il Seminario. Io comprendo che ciò sia di notevolissimo disturbo alla Curia, ma tutti soffrono in questo momento per ottenere la liberazione del nostro Paese. Naturalmente sarà pagato un congruo canone di affitto e indennizzati gli eventuali guasti. Io spero vivamente che V. E., da buon italiano, aiuterà il Governo in questa sistemazione. Il Generale Reisoli cercherà di agevolare la eventuale sistemazione dei seminaristi in altra località.
Prego V. E. gradire l'espressione della mia alta considerazione
Badoglio
L'Arcivescovo il 12 dicembre rispose con questa lettera (fatta consegnare al Comando Alleato) che si caratterizza per il taglio deciso e pragmatico. Si noti, ad esempio, l'indirizzo sbrigativo ma onnicomprensivo:
"Alle Autorità chiunque esse siano, che vogliono occupare il Pontificio Seminario Regionale Pio XI di Salerno.
Io devo loro ricordare che il suddetto Seminario, come edificio, è proprietà della S. Sede; e come Istituto di studi ecclesiastici, oggi in piena efficienza, dipende dalla S. Sede.
È ingeneroso occuparlo oggi, che la S. Sede, assediata com'è dal comune nemico, che sono i Tedeschi, è ignara di quanto qui accade, né io ho il modo di farle pervenire notizie. 
La S. Sede è la grande potenza morale, unica la mondo, con la quale l'Italia è in relazioni diplomatiche; e la maggior parte delle Potenze Alleate, se non hanno relazioni diplomatiche, sono in rapporto di amicizia e di rispetto.
Se l'atto di occupazione fosse fatto in danno di altra Potenza armata oggi sarebbe equivalente a dichiarazione di guerra.
Si rimprovera alla Germania di aver annullata la forza del diritto e di avervi sostituito il diritto della Forza. Ebbene quello che accade intorno a questo seminario è l'applicazione, in piccolo, del medesimo principio. In piccolo o in grande il principio resta identico.
E fosse il Seminario vuoto si potrebbe fingere una "Res Nullius", ma viceversa, esso è in piena efficienza di alunni, di superiori, di professori, di lezioni in corso.
Per farVi notare l'importanza dell'Istituto, io Vi accludo copia dell'Annuario dello scorso anno scolastico 1942-1943, donde risulta che vi accorrono alunni dalla Provincie di Napoli, Littoria, Salerno, Avellino, Potenza e Matera, e vi sono impegnati circa 30 Vescovi.
Unico Istituto del genere nella vasta zona tirrenica, che va dal Golfo di Gaeta al Golfo di Taranto. Aggiungete che io, non potendo comunicare con la S. Sede, ho dovuto fare da me. Ho curato i restauri dei danni delle incursioni per un valore di circa mezzo milione: e per essere più sicuro, prima di iniziare tali restauri ed invitare i Vescovi interessati a mandarmi i loro alunni, chiesi ed ottenni il permesso per iscritto di aprire il Seminario alle Autorità locali della Nazioni Alleate.
Dopo ciò dichiaro, sapendo di averne diritto, che nessuno uscirà dal Seminario Pontificio Regionale, alunni o superiori, se non si adoperi la violenza della forza armata. 
La violenza deve essere evidente e pubblica.
Nicola Monterisi, Arcivescovo di Salerno

Il Maresciallo Badoglio non si arrese a questo documento, così chiaro e categorico, e il 16 dicembre si recò personalmente all'arcicivescovado. 
Durante il colloquio, alla presenza di testimoni, il Presule prospettò al Capo del Governo le varie soluzioni che "senza alcun incommodo" potevano essere adottate per ospitare nelle strutture cittadine i vari ministeri. 
A quel punto Badoglio, non misurando bene la statura morale del suo interlocutore, credette di dover usare le maniere forti. Fu così che, rivolgendosi al Monterisi, gli chiese:
"Ma, lei, Eccellenza, è italiano?"
Il vecchio vescovo, già seriamente ammalato, rispose con la fermezza ed il vigore di un lottatore di razza:

"Non permetto che si metta in discussione la mia italianità; mi sento e sono più italiano del maresciallo Badoglio. Quando il popolo è rimasto solo e stremato dalle sofferenze della guerra io, vecchio di 76 anni, col mio clero sono rimasto al mio posto a conforto e sollievo della popolazione, mentre il maresciallo Badoglio è scappato a Pescara!"

Una perfetta sintesi di orgoglio e di patriottismo.

Pontificio Seminario Regionale Pio XI  di Salerno - Veduta generale

P.S.: il Seminario non venne requisito e i Ministeri furono ospitati in altri edifici della città.

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