venerdì 18 maggio 2012

Non cambia mai niente!

È già gran tempo ch’io differisco di dir qualche cosa intorno ai principi ed ai grandi, i quali sono del tutto opposti a que’ furbi ed impostori, di cui or ora ho parlato; essi mi coltivano senza verun riguardo, e con quella franchezza ch’è propria del loro grado. Se questi felici semi-dei avessero in zucca soltanto una mezz’oncia di cervello, che cosa mai vi sarebbe al mondo di più triste e miserabile della loro condizione? Chiunque si prendesse la pena di riflettere attentamente ai doveri d’un buon monarca, non che volesse usurpare una corona collo spergiuro, col parricidio, col liberticidio, in una parola coi più esecrandi delitti, tremerebbe invece all’aspetto d’un carico così enorme. Imperocché osserviamo in che cosa consistono gli obblighi d’un uomo che vien posto alla testa di una nazione. Egli deve travagliare giorno e notte pel pubblico, e mai pel privato interesse; non pensare che ai pubblici vantaggi; osservare pel primo le leggi, di cui è autore e depositario, nè mai deviare in nulla da quelle; osservare da sè stesso, o con occhi ben sicuri, l’integrità degli ufficiali e dei magistrati; aver sempre presente che gli sguardi di tutti stanno fissi sulla sua pubblica e privata condotta, e che a guisa d’un astro salutare può utilmente influire sulle cose umane, o qual infausta cometa può cagionare le maggiori desolazioni. Non deve dimenticarsi giammai che i vizj, ed i delitti de’ sudditi sono infinitamente men contagiosi di quelli del padrone; ripetere ogni giorno a sè medesimo che il principe si trova in sì alto grado ove, dando cattivi esempj, la sua condotta è una peste che si comunica tosto, e fa una grandissima strage; riflettere che la fortuna d’un monarca lo espone continuamente al pericolo di abbandonare il retto sentiero, che deve resistere ai piaceri, alla lusinga dell’impunità, all’adulazione, al lusso, e che non saprebbe nè mettersi abbastanza in guardia, ne abbastanza reprimere tutto ciò che il può sedurre. Deve finalmente richiamarsi spesso alla memoria, che oltre alle insidie, agli odj, ai timori, ai mali tutti, a cui il principe trovasi esposto ad ogni momento rispetto ai suoi sudditi, ei deve tosto o tardi comparire innanzi al tribunale del re dei re, ove gli verrà chiesta stretta ragione di tutte le sue più piccole operazioni, ed ove sarà giudicato con un rigore proporzionato all’estensione del suo dominio. Io pertanto lo ripeto ancora, che se un principe riflettesse a tutte queste cose, alle quali dovrebbe pur troppo far riflessione se fosse un tantino savio, non potrebbe certamente nè mangiare, nè dormire tranquillamente un sol giorno di sua vita. Ma non temete; io ho posto rimedio anche a questo, e col favore della mia inspirazione i principi riposano tranquilli sul destino e sui loro ministri; vivono nella mollezza, e non trattano se non con quelle persone che possono contribuire a divertirli, ed a preservarli da ogni inquietudine ed afflizione. Credono costoro di soddisfare anche troppo ai doveri di un buon re divertendosi quotidianamente alla caccia, mantenendo bellissimi cavalli, vendendo a proprio vantaggio le cariche e gli impieghi, mettendo in opera degli espedienti pecuniari per divorare le sostanze de’ popoli, e per impinguarsi col sangue de’ loro schiavi. Non può negarsi che usino dei riguardi sul punto delle imposizioni: si allegano sempre dei titoli di bisogno, dei pretesti d’urgenza, e benché in fondo tali esazioni non siano talvolta che un mero ladroneccio, pure si studiano di coprirlo col velo del pubblico interesse, della giustizia e dell’equità; danno ai popoli delle buone parole, chiamandoli i suoi Buoni, i suoi Fedeli, i suoi Affezionatissimi sudditi; e mentre si spogliano con una mano, s’accarezzano coll’altra, per prevenire i loro lamenti, ed accostumarli a poco a poco a sopportare il giogo della tirannia. Ora poi, voglio farvi una supposizione: figuratevi sul trono (cosa che pur troppo spesso suol accadere) figuratevi, dico, sul trono un uomo ignaro delle leggi, quasi nemico del pubblico bene, che non tende se non al suo proprio interesse, schiavo dei suoi piaceri, sprezzatore delle scienze, che sdegna la verità, che non può ascoltare un linguaggio sincero, il cui ultimo pensiero sia la felicità de’ suoi schiavi, che non segua se non le sue passioni, che misuri ogni cosa dalla propria utilità. Mettete a quest’uomo la collana d’oro, ornamento che significa il complesso e l’unione di tutte le virtù; ponetegli sul capo la corona arricchita di pietre preziose, il che lo avverte d’essere in obbligo di sorpassare tutti gli altri in ogni sorta di eroiche virtù; dategli in mano lo scettro, quello scettro ch’è il simbolo della giustizia, e di un’anima completamente incorruttibile; vestitelo finalmente della porpora, che dinota un vivo amore pei popoli, ed un ardentissimo zelo por la loro felicità. Io son di parere che se questo monarca confrontasse i suoi reali ornamenti colla viziosa sua condotta, non potrebbe a meno di provarne vergogna e rossore, e son persuasa che egli temerebbe grandemente d’esser messo in ridicolo insieme coi suoi simbolici fregi da qualche sensato e lepido chiosatore.
Da "Elogio della Follia" di Erasmo da Rotterdam

3 commenti:

Tomaso ha detto...

Caro Pino eccomi di nuovo, dopo la mia lunga assenza che spero di rimanere a lungo.
Parlando che non cambia mai niente, io dire che bambia sempre in peggio!
Buon fine settimana caro amico.
Tomaso

Evergreen ha detto...

Credo che ti abbia ragione, ottimo Tomaso! Non c'è mai limite al peggio...
Bentornato sul mio blog!
Pino

Evergreen ha detto...

Credo che tu!!!

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