La crisi economica è il frutto di un'allegra gestione della cosa pubblica. Il debito pubblico stellare dell'Italia è il figlio di scelte dissennate, niente affatto lungimiranti che hanno scaricato su questi anni infelici disinvolte politiche clientelari. Ma la classe politica, pur avendo da tempo dissipato risorse, pur avendo mangiato a quattro ganasce, pur avendo abbandonato lo stile sobrio ed austero che ne avrebbe aumentato di molto prestigio, non è la sola responsabile del disastro economico. La colpa è delle consorterie dei banchieri e dei gruppi di pressione finanziari che condizionano pesantemente le politiche economiche degli Stati.
La colpa, in definitiva, è di quel sistema capitalistico che non è riuscito a superare la prova decisiva della globalizzazione.
Occorre quindi ripensare altri sistemi economici che possano assicurare la massima soddisfazione al maggior numero di persone possibile, buttando definitivamente a mare quel vecchio arnese che è costato lacrime e sangue e che ha finora garantito il massimo profitto soltanto ad un numero scandalosamente esiguo di uomini e donne, abbandonando al proprio destino la restante parte del genere umano.
Il sistema più efficace esiste, è alla portata di tutti, non ha bisogno di grandi trattati o di monumentali opere divulgative essendo esso tutto racchiuso in quella piccolissima, sintetica ma chiara ammonizione evangelica: "ama il prossimo tuo come te stesso,"
Sarò troppo ingenuo?
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