Ecco tre storielle che hanno per protagonisti Bertinotti, Fini ed una Signora di Gela.
Comincio da quest'ultima.
Era una donna di circa 65-70 anni. Di lei non conoscevo nulla. Forse era vedova ed abitava al piano rialzato di un vechio stabile popolare di Gela.
Il mio reparto ed io ci trovavamo in quella città della provincia di Caltanissetta per i "Vespri Siciliani", operazione concepita per contrastare il fenomeno mafioso e durata parecchi anni senza tuttavia sortire gli effetti desiderati
I soldati - allora tutti di leva - erano adibiti al controllo del territorio ed incaricati della vigilanza continua di alcuni "siti" (in genere abitazioni di persone a rischio come magistrati, pentiti, personalità politiche, religiose, ecc.).
Uno di questi "siti" era vicino alla casa di quell'anziana Signora che ebbe la costanza quasi eroica di compiere un amorevole rito per chissà quanto tempo: per tutti e due i mesi del nostro impiego a Gela, certamente ancora prima di noi e, successivamente, anche durante la permanenza degli altri reparti alternatisi in quel settore, la Signora si alzava puntualmente alle 4 o 5 di mattina, preparava due tazzine di caffé caldo e, con un sorriso, le porgeva dal davanzale della sua finestra ai soldati di quel turno di guardia.
Sarebbe stato più giusto attendersi quelle quotidiane attenzioni dal palazzo accanto dove, cioè, abitava il diretto beneficiario del servizio di vigilanza prestato dai due militari. E invece no!
Se ne occupò silenziosamente, cristianamente, umanamente, maternamente, in modo del tutto disinteressato, quella meravigliosa Signora di Gela di cui non ho mai saputo nemmeno il nome.
Continuo con l'On. Fini.
Qualche anno fa venne a casa nostra, per salutare mio figlio, un suo ex commilitone che aveva frequentato, insieme con lui, il corso per carabinieri ausiliari a Benevento e poi era stato assegnato al battaglione mobile di Roma.
Durante il pranzo il giovane amico di mio figlio mi raccontò che nella Capitale i carabinieri ausiliari venivano solitamente impiegati per la vigilanza alle sedi centrali dei vari partiti.
A lui era spesso toccato di fare questo servizio sia presso la sede di Alleanza Nazionale sia presso la sede di Rifondazione Comunista.
L'On. Fini - mi raccontava -, entrando nel palazzo, scambiava volentieri qualche battuta con i giovani militari dell'Arma e li invitava spesso alla bouvette offrendo loro caffé e cornetto per la colazione del mattino.
Finisco con Bertinotti (ometto l'Onorevole).
L'amico di mio figlio - continuando i suoi racconti "romani" - mi diceva ancora che Bertinotti, a differenza di Fini, non solo non degnava di un saluto i carabinieri di guardia alla sede centrale del suo partito ma - senza alcuna indulgenza - era pronto a segnalare al Comando Generale le mancanze, anche le più veniali, dei giovani ausiliari (ad es. se qualche busta di plastica dei sacchetti viveri oppure una bottiglia d'acqua vuota venivano lasciate distrattamente o per la fretta sul posto).
Da uno che - a parole - si faceva passare per paladino dei lavoratori e della classe operaia mi sarei francamente aspettato un comportamento assai diverso e molto più comprensivo nei riguardi di giovani di leva.
E, poiché credo più ai fatti che alle parole, ritengo che a Bertinotti si possa tranquillamente assegnare uno zero spaccato (come si diceva una volta a scuola), un 9 pieno all'On. Fini ed un bel 10 alla Signora di Gela.