Secondo me è un modo dire che contiene una massiccia quantità di presunzione maschilista unita ad una buona dose di autoconsolazione. Penso che tutto sommato siano poche le donne che preferiscono la pancia o la pancetta al ventre piatto di un uomo. A meno che non sia la pancia o la pancetta di uno che ha anche un grosso conto in banca.
venerdì 29 ottobre 2010
giovedì 28 ottobre 2010
Elogio dell'egoismo
C'è egoismo ed egoismo. E infatti esiste un egoismo buono ed uno cattivo. Voler bene a se stessi è la prima regola della carità. Amare se stessi e la propria famiglia non è un male in sé. Anzi! Lo diceva, se non erro, anche Agostino d'Ippona.: "Charitas incipit a semetipso".
E, sulla scia del grande pensatore cristiano, la Teologia morale a sua volta incalza:
Charitas bene ordinata incipit a se ipso...Charitas bene ordinata incipit a semetipso...Charitas ordinata incipit a se et suis...Amor incipit a se ipso...Dolo facere non videtur qui se plus alio diligit...Ordinata charitas a se ipso incipit...Primus sum egomet mihi.
L'importante è che la carità, pur avendo inizio da se stessi, non si fermi lì. Altrimenti l'egoismo da buono diventa ingiusto, immorale, disumano, malvagio.
martedì 26 ottobre 2010
Sufficit diei malitia sua
Malitia qui non è da intendere nell'accezione di malizia, cattiveria ma piuttosto di pena, preoccupazione, sofferenza, fatica.
Quindi: ad ogni giorno il suo affanno.
Questa confortante massima evangelica contiene al suo interno una certa connotazione ansiogena nel momento stesso in cui vuole esorcizzare le inevitabili amarezze che la vita offre a tutti e a piene mani. In realtà siamo fatti per soffrire e per patire.
Ma, per risollevarci un pò dallo scoramento e per rinfrancare in parte lo spirito, non c'è cosa migliore di questa: affrontare un'inquietudine per volta, pardon, per giorno.
Due o tre comincerebbero ad essere decisamente troppe per chiunque, anche per i più intrepidi!
domenica 24 ottobre 2010
I blog e le invasioni di Facebook
Da qualche giorno sul mio blog di Libero è possibile interagire anche con Facebook. E' un'applicazione che aumenta la visibilità tra i blogger e quindi da salutare con favore ma che qualcuno non ha gradito considerandola un'intrusione nella propria privacy. Per conto mio ritengo la cosa del tutto indifferente. Non ho segreti da nascondere. Penso al contrario che il maggior numero dei potenziali visitatori dovrebbe indurre chi scrive a non offendere la sensibilità e l'intelligenza di chi legge.
Allora benvenuto Facebook sul mio blog!
D'altra parte il social network, con la duttilità, completezza e velocità delle sue applicazioni, rappresenta il futuro del web. Il blog non più.
D'altra parte il social network, con la duttilità, completezza e velocità delle sue applicazioni, rappresenta il futuro del web. Il blog non più.
venerdì 8 ottobre 2010
Etica e morale: perfide invenzioni!
Questo sistema di vita in cui siamo stati catapultati a nostra insaputa, questo ingiusto ordine sociale, questo modo di concepire la ricchezza e il potere sono il frutto amarissimo della rapacità, dell'egoismo e della voracità insita nella natura dell'uomo. Questo bipede "color del vomito", a differenza di altri esseri viventi che la natura ha provvisto di rassicuranti freni inibitori, non ha mai saputo controllare la propria indole aggressiva e sopraffattrice.
L'etica tanto sbandierata da tutti e la morale tanto cara a ogni pulpito religioso e civile altro non sono che specchietti per allodole. Il potere li usa in modo cinico e spregiudicato per sottomettere le coscienze e tenere a bada le masse.
La storia dell'umanità - intrisa di sangue, di guerre, di violenze pubbliche e private - non ha mai fatto registrare una significativa inversione di tendenza nonostante tutte le etiche e tutte le morali somministrate ogni giorno in tutte le salse a destra e a manca.
Conviene ricercare altri antidoti!
mercoledì 6 ottobre 2010
Preghiera degli ultimi
"Vuoi sapere, davvero, Signore, perchè ho così paura, perché non ho fiducia in me, perchè credo che quello che dicono e fanno gli altri è sempre migliore di quello che potrei fare io? È molto semplice, Signore!
È perché sono nato fra i poveri, i senza potere, e assieme all’affetto di mia madre, ho imparato a memoria che io non valgo, che io non sono niente. Mio padre e mia madre mi hanno ripetuto all’infinito che io dovevo tacere, essere muto, quando parlava un potente, un grande perchè io non potevo sapere nulla. Mia madre, che mi amava, mi feriva più di qualsiasi altro. Perchè, Signore, una madre può uccidere un figlio? Poi sono stato a scuola. E il maestro, per uscire dalla sua solitudine intellettuale, non trovava di meglio che dirmi che ero ignorante, maleducato e scemo. E poi sono andato anche al catechismo. E qui, Signore, non solo ero scemo e senza diritti, ma ero pure malvagio: tutto quello che potevo dire, fare o pensare era male e punibile con l’inferno. L’unica cosa lecita era non fare nulla, non pensare, tacere. Mi attendeva la fabbrica, che finiva la mia alienazione. Che per un tozzo di pane, pretendeva il mio tempo e la mia libertà. Ho provato a ribellarmi, ma gli stessi compagni di schiavitù mi hanno chiesto in nome di chi lo facevo e quando, timidamente, ho risposto: in nome mio, della mia dignità e delle mie esigenze più profonde di persona creata per la libertà, mi hanno riso in faccia e ho ricordato ancora quando il maestro mi dava dello scemo. A vent’anni ho imparato a dire “signorsì” fra i militari, non mi è costato nessuno sforzo. Ormai ero già troppo abituato a fare quello che volevano gli altri.
È perché sono nato fra i poveri, i senza potere, e assieme all’affetto di mia madre, ho imparato a memoria che io non valgo, che io non sono niente. Mio padre e mia madre mi hanno ripetuto all’infinito che io dovevo tacere, essere muto, quando parlava un potente, un grande perchè io non potevo sapere nulla. Mia madre, che mi amava, mi feriva più di qualsiasi altro. Perchè, Signore, una madre può uccidere un figlio? Poi sono stato a scuola. E il maestro, per uscire dalla sua solitudine intellettuale, non trovava di meglio che dirmi che ero ignorante, maleducato e scemo. E poi sono andato anche al catechismo. E qui, Signore, non solo ero scemo e senza diritti, ma ero pure malvagio: tutto quello che potevo dire, fare o pensare era male e punibile con l’inferno. L’unica cosa lecita era non fare nulla, non pensare, tacere. Mi attendeva la fabbrica, che finiva la mia alienazione. Che per un tozzo di pane, pretendeva il mio tempo e la mia libertà. Ho provato a ribellarmi, ma gli stessi compagni di schiavitù mi hanno chiesto in nome di chi lo facevo e quando, timidamente, ho risposto: in nome mio, della mia dignità e delle mie esigenze più profonde di persona creata per la libertà, mi hanno riso in faccia e ho ricordato ancora quando il maestro mi dava dello scemo. A vent’anni ho imparato a dire “signorsì” fra i militari, non mi è costato nessuno sforzo. Ormai ero già troppo abituato a fare quello che volevano gli altri.
Chi ero ancora io?"
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