giovedì 16 gennaio 2025

Caro Papa ti scrivo...

 Caro Papa,

ho voluto richiamare, leggermente modificandolo, l'incipit della splendida, ispirata lettera alla Chiesa del compianto Ermanno Olmi. 

Lì veniva chiamata in causa la Chiesa intera, quell'immensa comunità di credenti che da sola avrebbe potuto smuovere le montagne ma divenuta da tempo arida dispensatrice distratta di grazia e di conforto, più attenta ai propri privilegi di casta che ai crescenti bisogni degli ultimi, dei diseredati, dei dimenticati di questo basso mondo.

Lì, con stile asciutto e vigoroso, di fronte alle tante infedeltà e ai tanti tradimenti degli stessi uomini di Dio, veniva posta la formidabile domanda: quale sarà il luogo delle beatitudini dove il Maestro tornerà all'appuntamento coi nuovi discepoli di questo nostro tempo?

Lì veniva impietosamente messo in evidenza che la Chiesa dell'ufficialità sembrava molto più sollecita nei fasti dei cerimoniali che nell'annunciare gli imperiosi, negletti doveri dei cristiani.

Qui, più modestamente, vorrei far notare che le ultime norme promulgate meno di un mese fa dallo Stato della Città del Vaticano mi sono sembrate in palese contrasto con gli obblighi che derivano dalla Magna Charta del cristianesimo.

La misericordia di Dio sopravanza - e di gran lunga! - le pur legittime esigenze di sicurezza attiva e passiva mentre la carità -  senza alcun dubbio - viene prima di ogni virtù, prima ancora di ogni calcolata prudenza.

Oltre tutto il minuscolo Stato che Lei regge come monarca assoluto mi pare già sufficientemente protetto dalle poderose mura leonine, da un'efficiente gendarmeria, da un piccolo seppur pittoresco esercito pontificio.

Sa cosa è successo dopo la pubblicazione di quelle norme? Che tutta la stampa italiana di destra, quella destra razzista e xenofoba che oggi governa il nostro infelice Paese, ha esultato ed apprezzato il rigore con il quale sono state scritte, che l'Italia dovrebbe copiare dal Vaticano, che il reato di clandestinità dovrebbe essere punito da oggi in poi con una determinazione ancora maggiore.

Non è chi non veda che mai come in questo caso "i figli delle tenebre sono più furbi dei figli della luce".

Ma perché - mi chiedo - i figli della luce dovrebbero dire le stesse cose ed usare per giunta lo stesso linguaggio dei figli di questo mondo? Dove starebbe allora la differenza? 

Nessun uomo che viene alla luce può essere considerato un clandestino. La terra è di tutti, recita un proverbio arabo. E il cristiano non è forse il sale di questa terra? 

I Suoi collaboratori hanno agito in buona o in cattiva fede usando il pretesto della sicurezza a motivo di una straordinaria massa di pellegrini attesa per il giubileo appena iniziato? E l'anno giubilare non è forse un anno di misericordia e di perdono? 

Secondo il mio modestissimo parere si è trattato di un clamoroso autogol.

Lei, Santità, se lo vuole, può tuttavia porre un immediato rimedio, abrogando oggi stesso quelle norme incomprensibili alla luce del potente messaggio che viene dal discorso della montagna e dal divino precetto dell'amore fraterno, mai compiutamente realizzato.

Con immensa stima ed immutato rispetto!


Caro Papa ti scrivo...

 Caro Papa, ho voluto richiamare, leggermente modificandolo, l'incipit della splendida, ispirata  lettera alla Chiesa del compianto Erm...