sabato 18 gennaio 2025



Mi trovo talmente in sintonia con queste ispirate, lucidissime riflessioni che ho deciso di farne un post mediante copia-incolla sul mio blog.

Aggiungo soltanto che "Spiritus ubi vult spirat" e qui, secondo me, ha soffiato alla grande.

Grazie Ortensio da Spinetoli!

GERUSALEMME CHE UCCIDE l PROFETI
di O. da Spinetoli
La scelta di Leonardo Boff di "abbandonare" la chiesa istituzionale per quella evangelica non può essere sorprendente per un cristiano. La realtà e la ripetizione nel tempo dell'opzione fondamentale di Cristo che ha preferito rimanere libero profeta che diventare una pedina del potere sacro. E' la sorte che dovrebbe seguire ogni suo discepolo (Mt 10, 24).
L'ideale comunitario vagheggiato da Gesù era troppo originale per essere subito capito e attuato. "Non fatevi chiamare maestro, guida, capo", - "voi siete tutti fratelli" (Mt 23, 8 -12). Nel mondo quelli che comandano signoreggiano sui loro sudditi, "ma tra voi non è così", "chi vuole diventare grande sia vostro servo" (Mt 20, 24-27): "chi vuole essere primo sia servo di tutti" (Mc 10, 44); "il più grande sia il più piccolo" (Lc 22, 26). E' la carta costituzionale della chiesa che Giovanni sostituisce con la lavanda dei piedi (Gv 13, 1-17).
Ma una tale proposta insieme a varie altre, quali relatività del culto (Mt 5, 23-24), l'abbattimento del tempio (Mt 24, 2: At 7,48), la "beatificazione" dei poveri (Mt 5,3; 11,5: Lc 4, 18) è rimasta inascoltata.
Quando la moltitudine cristiana ha cercato di organizzarsi, ha guardato più ai modelli circostanti, giudaici (sommo sacerdozio, sinedrio, popolo) o ellenistici (re, arconte, assemblea, plebe) che ai suggerimenti di Cristo.
Gesù ha annunziato anche la chiesa, ma non pensava ad una società perfetta bensì ad una comunione di amici, di uguali, di fratelli. Il cosiddetto "primato di Pietro", la "funzione apostolica" non ripetono un'intenzione originaria del fondatore, ma attestano un'evoluzione, meglio un'involuzione del suo messaggio. I suoi immediati seguaci hanno creduto affidare l'unità, la compattezza della chiesa più che al soffio vivificatore dello Spirito, ad una gendarmeria d'occasione diventata sempre più dura nel corso dei secoli.
Anche la chiesa, come tutte quelle esistenti, sarà una monarchia di diritto divino, quindi assoluta, e, quel che è peggio, lo è tutt'ora, nonostante la maturazione culturale che la società ha da secoli raggiunto. E' anzi più ferrea di qualsiasi altra perché penetra negli stessi pensieri e sentimenti dell'uomo.
"Le dominazioni terrene rimangono esteriori, superficiali: quella ecclesiale viene a vincolare gli animi, a instaurare una prigione dura e inflessibile. Il sistema teologico è stato ed è strumento di potere perfetto, efficace, senza uguali".
Il Concilio Vaticano II ha riscoperto il primato del popolo di Dio (Lumen Gentium cap. II) e la funzione subaltema della gerarchia (cap. III) ma ha avuto il torto di lasciare a quest'ultima i suoi antichi titoli nobiliari che alla fine ella ha fatto prevalere. Giovanni Paolo II era tra i "padri" contrari alla Lumen Gentium, per questo, nel suo governo, non poteva farsi guidare da tale Costituzione. Quando egli parla di "Concilio" pensa verosimilmente al Concilio di Trento o al Concilio Vaticano I.
Le parole che si odono sono ancora quelle giuste ("dialogo", "pluralismo", "ecumenismo") ma hanno ripreso i loro vecchi contenuti. Il "sentire con la chiesa" equivale non a confrontare ma a conformare le proprie opinioni con quelle di qualche fortunato teologo che è riuscito a collocarsi, nessuno sa come, nelle vicinanze del soglio pontificio.
"Solo nella chiesa non esiste libertà di opinione, di parole: non si ha un organo di stampa in cui ognuno possa esporre responsabilmente i suoi punti di vista sull'andamento comunitario, le sue interpretazioni dottrinali". "La procedura ecclesiastica è quella che conserva ancora i tratti di un passato infausto". "Le sentenze o condanne pronunciate nel più assoluto segreto (ex informata conscientia), senza l'interpellazione del reo, rispecchiano un procedimento disumano che è agli antipodi del messaggio evangelico. Si tratta di aberrazioni che lasciano ancora sbalorditi. Il codice civile tutela da secoli le persone e i diritti dei cittadini in un modo a cui la chiesa arriverà solo in seguito ad altri due concili" (La conversione della chiesa, pag. 155).
Il dramma di Leonardo Boff è quello di ogni credente che si interroga responsabilmente sull'opportunità di dare il proprio avallo e più ancora il proprio apporto a un sistema egemonico che il vangelo non solo ignora ma apertamente condanna (Mt 4,5-10). Gesù ha obbedito ai suoi genitori (Lc 2, 51), ma ha contestato l'autorità religiosa, al pari dei tiranni (Lc 13, 31). Il cristiano non può abdicare ai doni che Dio gli ha dato, sotterrare il talento ricevuto per compiacere a quanti, abusando
del proprio posto, spadroneggiano sui fratelli. Il cristianesimo per fortuna non è Cristo, meno ancora lo è il cattolicesimo; allo stesso modo il francescanesimo non si confonde con san Francesco.
Il poverello di Assisi si era proposto di adunare, intorno a sé, un gruppo di uomini desiderosi di attuare il discorso della montagna ma, dietro l'intervento o l'intromissione della curia romana, si era trovato al centro di un Ordine a cui non aveva mai pensato nè voluto perché in qualsiasi modo fosse stato inteso e attuato costituiva sempre una pedina del sistema feudale dal quale Francesco con la sua conversione era uscito e dal quale voleva tenere lontani i suoi frati.
I veri cristiani non sono quelli registrati nel libro dei battesimi, almeno non sono solo quelli; allo stesso modo i veri francescani non si trovano solo nei chiostri. Il loro numero è noto solo a Dio. E Leonardo Boff vi appartiene adesso al pari o forse più di prima. Non si possono monopolizzare né Cristo né il vangelo che appartengono a tutti. Lo stesso vale per san Francesco, il santo di tutte le religioni. Egli non appartiene ad una nazione, meno ancora ad una setta, ma all'umanità. Leonardo Boff ha lasciato l'Ordine francescano ma non la sequela di san Francesco: ha lasciato la chiesa cattolica non la sequela di Cristo. Vi è dentro più di prima perché senza il supporto di un patronato potente e temibile.
Il sacerdozio ministeriale a cui egli ha rinunciato rientra anch'esso in quelle involuzioni che ha subito la testimonianza di Gesù Cristo e sul quale la comunità credente viene da tempo interrogandosi ma, sembra, inutilmente. Già il termine "ministro" è ambiguo perché fa pensare a una sovrintendenza più che a un servizio come il senso originario del termine (diacono) esige. Gesù non è stato né della tribù di Levi, né di Aronne (Ebr 7, 14) ma un operaio nazaretano che Dio ha favorito di una
singolare vocazione. La diaconia di Gesù si è espletata nella storia e non nel recinto sacro, nell'impegno quotidiano verso gli uomini in difficoltà nello spirito e nel corpo. E' morto non per sostenere i diritti di Dio che nessuno può conculcare, ma dell'uomo, soprattutto di chi è più indifeso, oppresso, maltrattato (teologia della liberazione). Il sacerdozio cristiano non è l'appartenenza a una casta privilegiata, a un gruppo di dominatori o di mercanteggiatori del sacro, ma a un'elite di volenterosi capaci di preporre il bene, la tranquillità, la salute altrui alla propria. Un sacerdozio ben più arduo, scomodo, di quello forgiato dalle organizzazioni religiose di tutti i tempi che hanno rivendicato a sé una mediazione d'ufficio tra Dio e la comunità umana, mediazione inesistente perché Dio tratta direttamente con tutti.
Dio non si placa con il sangue delle vittime, meno ancora con quello del proprio figlio perché non è adirato con nessuno e attende da tutti solo il massimo aiuto per portare avanti il suo disegno creativo e salvifico.
E il maggior contributo non viene da chi è insignito di titolature ma che in concreto opera con maggiore solerzia e capacità per il bene altrui.
Il sacerdozio che conta non è quello che offre doni a Dio, ma arreca sollievo agli uomini. Il "giudice" (transeat) di cui parla Mt 25, 31-46 non chiede ai convocati conto di quello che hanno pensato o detto, ma solo di quello che hanno fatto agli affamati, ai carcerati, ai nudi. E Gesù a conclusione del Discorso della montagna ricorda che non chi scandisce solennemente, nelle grandi liturgie, il nome del Signore appartiene al numero dei suoi discepoli, ma solo chi compie la volontà del padre che è impegnato ad accordare attestati di amore a tutti, buoni e cattivi (Mt 5, 8; 7 21-22).
Il compito che Gesù ha svolto e che rimane sempre scoperto è quello profetico. Il profeta non è un ministro del culto, ma un "servo" della Parola, un docile strumento dello Spirito. Il suo compito è quello di aiutare gli uomini a incontrarsi con Dio, a scoprirlo nelle pieghe del loro lavoro e della loro vita quotidiana. Dio è il grande mistero con cui l'uomo è chiamato a cimentarsi e chiunque è a lui vicino gode della sua familiarità e amicizia è in grado di segnalarlo, di scoprirne il "volto" agli altri. Non si tratta di incombenze ma di competenze; non di autorità ma di autorevolezza, doti che si possono far valere solo se si hanno, non se si suppongono (grazia dello stato).
La santità o amicizia divina non si può regalare con l'imposizione delle mani o con intestazioni giuridiche; occorre averla realmente per poterne fare usufruire i propri simili.
Il gesto di Leonardo Boff è un richiamo ai valori autentici del Vangelo, un ritorno alla vera sequela di Cristo e di Francesco, un recupero del reale rispetto al sacro, dell'uomo della giustizia e della pace rispetto ai convenzionalismi, all'ortoprassi nei confronti delle ortodossie.
Ortensio da Spinetoli


giovedì 16 gennaio 2025

Caro Papa ti scrivo...

 Caro Papa,

ho voluto richiamare, leggermente modificandolo, l'incipit della splendida, ispirata lettera alla Chiesa del compianto Ermanno Olmi. 

Lì veniva chiamata in causa la Chiesa intera, quella straordinaria comunità di credenti chiamata a realizzare il regno di Dio sulla terra e che da sola avrebbe potuto smuovere le montagne ma che è diventata nel tempo pigra, distratta, indolente amministratrice burocratica di grazia e di conforto, più attenta ai propri privilegi che ai crescenti bisogni degli ultimi, dei diseredati, dei dimenticati di questo basso mondo.

Lì, con stile asciutto e vigoroso, di fronte alle tante infedeltà e ai tanti tradimenti degli stessi uomini di Dio, veniva posta la formidabile domanda: quale sarà il luogo delle beatitudini dove il Maestro tornerà all'appuntamento coi nuovi discepoli di questo nostro tempo?

Lì veniva impietosamente messo in evidenza che la Chiesa dell'ufficialità sembrava molto più sollecita nei fasti dei cerimoniali che nell'annunciare gli imperiosi, negletti doveri dei cristiani.

Qui, più modestamente, vorrei far notare che le ultime norme promulgate meno di un mese fa dallo Stato della Città del Vaticano mi sono sembrate in palese contrasto con gli obblighi che derivano dalla Magna Charta del cristianesimo.

La misericordia di Dio sopravanza - e di gran lunga! - le pur legittime esigenze di sicurezza attiva e passiva mentre la carità -  senza alcun dubbio - viene prima di ogni virtù, prima ancora di ogni calcolata prudenza.

Oltre tutto il minuscolo Stato che Lei regge come monarca assoluto mi pare già sufficientemente protetto dalle poderose mura leonine, da un'efficiente gendarmeria, da un piccolo seppur pittoresco esercito pontificio.

Sa cosa è successo dopo la pubblicazione di quelle norme? Che tutta la stampa italiana di destra, quella destra razzista e xenofoba che oggi governa il nostro infelice Paese, ha esultato ed apprezzato il rigore con il quale sono state scritte, che l'Italia dovrebbe copiare dal Vaticano, che il reato di clandestinità dovrebbe essere punito da oggi in poi con una determinazione ancora maggiore.

Non è chi non veda che mai come in questo caso "i figli delle tenebre sono più furbi dei figli della luce".

Ma perché - mi chiedo - i figli della luce dovrebbero dire le stesse cose ed usare per giunta lo stesso linguaggio dei figli di questo mondo? Dove starebbe allora la differenza? 

Nessun uomo che viene alla luce può essere considerato un clandestino. La terra è di tutti, recita un proverbio arabo. E il cristiano non è forse il sale di questa terra? 

I Suoi collaboratori hanno agito in buona o in cattiva fede usando il pretesto di un necessario incremento di  sicurezza a motivo dell'imponente massa di pellegrini attesa per il giubileo appena iniziato? 

E l'anno giubilare non è forse un anno di misericordia e di perdono? 

Secondo il mio modestissimo parere si è trattato di un clamoroso autogol.

Lei, Santità, se lo vuole, può tuttavia porre un immediato rimedio, abrogando oggi stesso quelle norme incomprensibili alla luce del potente messaggio che viene dal discorso della montagna e dal divino precetto dell'amore fraterno, mai compiutamente realizzato.

Con immensa stima ed immutato rispetto per la Sua augusta persona!


martedì 1 ottobre 2024

Il miracolo perpetuo dell'esistenza

 

Non mi interessa più capire come un dio possa essere uno e trino, come Gesù sia uomo e figlio di dio. 

Sono anch'io figlia di dio e amo con più sincerità il messaggio di Cristo, grandioso nella sua umanità. 

Quando guardavo con gli occhi non vedevo. 

Quando cercavo con il cuore non trovavo. 

Con l'anima, la mia anima nuda, ho finalmente sentito il miracolo perpetuo in ogni atomo dell'esistente.

(Karalis)

Una meravigliosa perla incrociata molti anni fa sul web e tuttora splendida nella sua bellezza oltre che nella sua toccante verità. 

 


lunedì 16 settembre 2024

Dei migranti ovvero della disumanità

A qualcuno sembrerà esagerata la mia quasi quotidiana fatica nel tentare di focalizzare l’attenzione dei miei cinque lettori sul tema dell’immigrazione.

Per me questo rappresenta il vero banco di prova dei nostri governanti.

Su questo li ho giudicati in passato e continuo a giudicarli adesso.

Onestamente non mi sento di assolvere nessuno di loro, né quelli di ieri né quelli di oggi.

So perfettamente che il problema migranti è di dimensioni gigantesche.

So che il fenomeno non è mai stato affrontato con intelletto, anima e cuore.

So che le sanguinanti piaghe sociali che ne derivano si sono addirittura incancrenite negli ultimi anni.

So inoltre che, con l’avvento di questo governo razzista e xenofobo, è stata persino sdoganata la peggiore delle barbarie, come sembra dimostrare l’omicidio di un uomo volutamente travolto da un SUV per una borsa rubata.

Cionondimeno ritengo doveroso continuare a combattere per una causa che per me è giusta e sacrosanta, anche se all’apparenza perduta.

venerdì 26 aprile 2024

A Paola S.


Sull'ali che ti resero leggera

Adesso voli libera e felice

Nel cielo d'una fredda primavera.

venerdì 12 aprile 2024

Terzine

Una storia di gloria e di misfatti

Un popolo d'eroi e di vigliacchi

Una genìa di saltimbanchi e matti!



lunedì 1 aprile 2024

Resurrezione

 


Digiuno come sono di cognizioni scientifiche, mi sono sempre affidato al sentimento. Il mio senso religioso mi ha sempre indicato la strada della bellezza, della sacralità della vita, della giustizia e della solidarietà. 

Ho preferito un Dio riflesso nella sorprendente bellezza di un fiore o nel volto del povero anziché un Dio trincerato nell'imperscrutabile profondità dei cieli, ho preferito la pagina liberatoria ma impegnativa delle Beatitudini al racconto glorioso della Resurrezione, ho acquisito la semi-certezza che il cristiano e tutte le persone di buona volontà debbano costruire hic et nunc non dico il Paradiso sulla terra ma le migliori condizioni possibili per vivere in un mondo più giusto. 

Il Paradiso ultraterreno degli Orfici, di tutte le religioni del mondo e, a quel che vedo anche della fisica, può tranquillamente attendere.

Mi trovo talmente in sintonia con queste ispirate, lucidissime riflessioni che ho deciso di farne un post mediante copia-incolla  sul mio bl...