venerdì 14 gennaio 2011

Dal "Dialogo della Divina Provvidenza" di santa Caterina da Siena, (Cap. 13, Dio, abisso di carità)


"Signore mio, volgi l'occhio della tua misericordia sopra il popolo tuo e sopra il corpo mistico della santa Chiesa. Tu sarai glorificato assai più perdonando e dando la luce dell'intelletto a molti, che non ricevendo l'omaggio da una sola creatura miserabile, quale sono io, che tanto t'ho offeso e sono stata causa e strumento di tanti mali. Che avverrebbe di me se vedessi me viva, e morto il tuo popolo? Che avverrebbe se, per i miei peccati e quelli delle altre creature, dovessi vedere nelle tenebre la Chiesa, tua Sposa diletta, che è nata per essere luce? Ti chiedo, dunque, misericordia per il tuo popolo in nome della carità increata che mosse te medesimo a creare l'uomo a tua immagine e somiglianza. Quale fu la ragione che tu ponessi l'uomo in tanta dignità? Certo l'amore inestimabile col quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti sei innamorato di lei. Ma poi per il peccato commesso perdette quella sublimità alla quale l'avevi elevata. Tu, mosso da quel medesimo fuoco col quale ci hai creati, hai voluto offrire al genere umano il mezzo per riconciliarsi con te. Per questo ci hai dato il Verbo, tuo unico Figlio. Egli fu il mediatore tra te e noi. Egli fu nostra giustizia, che punì sopra di sé le nostre ingiustizie. Ubbidì al comando che tu, Eterno Padre, gli desti quando lo rivestisti della nostra umanità. O abisso di carità! Qual cuore non si sentirà gonfio di commozione al vedere tanta altezza discesa a tanta bassezza, cioè alla condizione della nostra umanità? Noi siamo immagine tua, e tu immagine nostra per l'unione che hai stabilito fra te e l'uomo, velando la divinità eterna con la povera nube dell'umanità corrotta di Adamo. Quale il motivo? Certo l'amore. Per questo amore ineffabile ti prego e ti sollecito a usare misericordia alle tue creature".
Questa pretesa che Dio abbia fatto l'uomo a Sua immagine e somiglianza, che si sia addirittura innamorato di lui, che abbia per giunta deciso di incarnarsi in un bipede dalla pelle color del vomito (come diceva J.P.Sartre),  soffrire e morire per noi 2000 anni fa (perché non prima?), mi sembra una smisurata bestemmia ed una colossale mancanza di senso delle proporzioni. 
L'uomo dimostra con questo di avere in sé la stessa ambizione sfrenata di quell'angelo decaduto e ribelle che per primo commise il più grande dei peccati: farsi uguale a Dio. 
Su queste basi di smisurato orgoglio egli ha costruito e collaudato nel tempo un'ardita impalcatura teologica, in apparenza suggestiva e consolatoria ma sostanzialmente feroce e diabolica, dalla quale precipita nella disperazione e nel dolore uno stuolo sconfinato di infelici suoi simili. 
Egli continua a sacrificare ogni giorno e senza scrupoli cento, mille, milioni di vittime sulla stessa croce della Vittima per eccellenza.
Il mite Galileo non c'entra nulla con questa aberrante teologia della sofferenza e della morte che, per paradosso crudele,  nascerebbe dall' infinito amore di Dio per le Sua creatura prediletta. 
Il gioioso profeta, che nelle felici contrade della Palestina del Suo tempo inneggiava alla vita in tutte le sue forme, non ha nulla a che fare con questa atroce, oscura, cruenta teoria della filiazione divina, della colpa e dell'espiazione. 
Egli fu soltanto una Vittima, la più sublime e innocente di tutte, che un doppio potere ipocrita - sacerdotale e politico - immolò e continua ad immolare sull'altare della crudeltà e della ragion di stato.

3 commenti:

Tomaso ha detto...

Fra preghiere e riti la chiesa dimostra che lei non è perfetta come il Dio lo aveva programmato.
Ecco forse perché ancora oggi nulla è perfetto.
Scusa Pino ho provato a dire due parole, come sono stato capace!
Buon fine settimana caro amico,
Tomaso

Evergreen ha detto...

Tu, caro Tomaso, sei il più fedele dei miei commentatori. Ti ringrazio per la pazienza e per l'affetto. P.S.: ho visto che sei su facebook e ti ho già chiesto l'amicizia!

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)

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