sabato 2 maggio 2020

Dieci consigli (non richiesti) agli utilizzatori di Facebook



Facebook è uno strumento micidiale. Può favorire amicizie, può far ritrovare vecchi compagni di scuola, può far incontrare persone simili per indole e per visione del mondo, può farti scoprire modi di pensare diversi, può farti apprezzare la poesia e la bellezza, può far tutto ma può anche distruggere rapporti personali, può provocare incomprensioni o anche determinare la definitiva rottura di amicizie con la stessa facilità con cui le ha create, può infine metterti nella spiacevole condizione di incrociare senza volerlo ruvidi provocatori di professione e pubblici dispensatori di offese gratuite. Per questo lo strumento va maneggiato con cura e usato con la massima prudenza. 
Le parole possono ferire più di quanto si pensi, un like non concesso può far male a chi magari se lo aspettava, un like dato con disinvoltura può ingenerare aspettative a volte ingiustificate. 
Sarebbe bene attenersi a qualche buona regola per non deludere e per non rimanere delusi dall'utilizzo poco attento di questo geniale e diffuso strumento di comunicazione. 
Ecco quindi, sulla base della mia piccola esperienza, alcuni consigli pratici che darei a chi decidesse oggi di aprire un account su Facebook o su altro social:
- non cercare di chiedere amicizie a destra o a manca solo per il piacere di aumentarne il numero.
Come nella vita i veri amici sono veramente pochi ed è meglio averne pochi, pochissimi, ma buoni. Oltre tutto diventa quasi impossibile gestirli tutti. Il numero massimo consigliato non dovrebbe superare i 100 e questo sarebbe già un bel numero;
- non affrontare mai temi religiosi o temi politici senza la dovuta cautela perché si rischiano incomprensioni e risse a non finire;
- non essere di manica larga e cliccare sul "mi piace" solo quando il post o il commento lo meritano;
- postare preferibilmente immagini tranquille di fiori, di paesaggi, di caffettiere fumanti e di tazzine di caffè che non offendono la suscettibilità di nessuno;
- fare frequente ricorso al poke per gli amici più assidui;
- preferire i più sbrigativi emoticon ad un commento scritto;
- ricercare in ogni caso la brevità e la sintesi. Nessuno è disposto a sorbirsi post lunghi e impegnativi;
- rimandare al proprio blog, se ne hai uno, o affidarsi alle note per gli argomenti che si vogliono trattare in modo più approfondito;
- evitare offese e turpiloquio;
- non depennare nessuno degli amici una volta che siano entrati a far parte della tua cerchia. La sensibilità delle persone è molto più elevata di quanto si crede.

mercoledì 15 aprile 2020

Jean Guitton


Ora, quale sarà l'avvenire della specie umana? Può darsi che la sua età adulta non sia ancora giunta e che questto istante di venti secoli dopo Gesù rappresenti una preinfanzia. Può darsi al contrario che l'esperienza sia durata abbastanza e sia sul punto di terminare. Ma, come ho detto sovente, il tempo non ha importanza. Assistiamo ad una specie di raggruppamento delle nazioni, ad un tentativo di ricapitolazione nell'unità. Ma attorno a quale principio, a quale centro e con quale molla? C'è, ai giorni nostri, un ESSERE, una IDEA, una ESISTENZA, che sia veramente capace di permettere agli uomini di unificarsi, di progredire, qualunque sia il loro livello, di riparare in un istante le loro perdite? Mi pare che la storia di Gesù, illuminata da quella delle epoche che l'hanno preceduta e dei venti secoli che l'hanno seguita, permetta di rispondere a questa interrogazione. Poiché noi abbiamo fatto quasi tutte le esperienze, abbiamo esaurito tutte le negazioni: e non c'è altro nome che possa essere pronunciato per dare all'uomo del sec. XX la speranza e la gioia.
J. Guitton, Gesù, Ed. Marietti

Questa la conclusione di un libro scritto una sessantina di anni fa. La risposta data dall'autore all'uomo del sec. XX  ritengo sia la stessa che si può dare anche (e forse di più) oggi all'uomo del sec. XXI, all'alba del quale sentimenti di disgregazione, di odio e di razzismo sono pericolosamente riemersi nel mondo (anche da noi!) e vanno esattamente in senso contrario a quel tentativo di ricapitolazione nell'unità.

sabato 28 marzo 2020

La benedizione urbi et orbi e la forza potente dei simboli.

Un Papa anziano dal passo ormai stanco e vacillante; una piazza San Pietro incredibilmente vuota non solo a motivo della pioggia battente; un severo Crocifisso ligneo dal volto scuro, posto a barriera del morbo di oggi come lo fu per la peste del 1500; un ostensorio dorato sollevato a fatica per benedire nelle tre direzioni un livido cielo di Roma; un suono di campane stranamente commisto al lamento di un’occasionale ambulanza di passaggio; un’inedita indulgenza plenaria concessa non “more solito” ma “gratis et amore Dei” a credenti, credenti così è così (quorum ego), miscredenti, atei, agnostici, insomma un'indulgenza data a tutti senza alcun obbligo da parte di chi voleva "lucrarla" (lucrare: orribile voce verbale, ambigua ed equivoca, che da ieri dovrebbe essere sparita dal vocabolario simoniaco della Penitenzieria Apostolica).
C’è chi sostiene, non senza qualche fondata ragione, che la Chiesa, oltre che Madre e Maestra, sia anche una poderosa Multinazionale ante litteram, divenuta nel tempo la più grande esperta di “marketing” e di tecniche ad esso collegate. Il suo primo “product manager” sarebbe stato Paolo di Tarso, mente fervida e geniale, che da subito concepì quell’ardita teologia della salvezza, sulla quale poggia l’intera religione cristiana.
Se ciò fosse vero, nella serata di ieri, la Chiesa ha superato se stessa con un’offerta “speciale” inattesa e straordinaria (comprensiva di indulgenza gratuita), che non sarebbe esagerato definire storica.
Il buon Martino, che proprio sul terreno delle indulgenze condusse un'aspra battaglia contro la Chiesa di Roma, avrebbe gradito non poco!



Terzine

Una storia di gloria e di misfatti Un popolo d'eroi e di vigliacchi Una genìa di saltimbanchi e matti!